Il divorzio tra il direttore tecnico e il club rossonero ha fatto il giro del mondo e in molti hanno voluto esprimere il loro punto di vista
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La bandiera del Milan cacciata dal Milan. Sembra quasi un errore di battitura, ma è la frase che meglio racchiude l’addio di Paolo Maldini dalla sua posizione di direttore tecnico del club rossonero. La notizia è trapelata nella serata di lunedì 5 giugno ed è stata ufficializzata neanche 24 ore dopo. Divergenze sul mercato della scorsa estate e sulle aspettative per il futuro: questi i motivi secondo cui Gerry Cardinale ha preso questa decisione che ha spiazzato tutti.
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Senza entrare nelle specifiche motivazioni che possono essere più o meno opinabili, quello che ha lasciato di stucco tutto il mondo, non solo l’Italia, del calcio è questo tipo di avvicendamento. Paolo Maldini, la bandiera per eccellenza del Milan, il capitano che ha indossato solamente quella maglia, che ha vinto tutto e più di tutti, che dopo anni era tornato nel club, riportandolo, sotto la sua direzione, prima in zona Champions, poi allo scudetto e successivamente ad un’insperata semifinale di Coppa dei Campioni, cacciato come se fosse uno qualunque. E questo, per chi mastica calcio e conosce il terzino più forte di ogni epoca, è apparso come un sacrilegio.
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Tra i tanti ne ha parlato anche Carlo Ancelotti, che conosce molto bene Maldini e l’ambiente Milan: “Io a Madrid ho imparato che la storia di un club va rispettata sempre, qui Di Stefano, Amancio, Gento, Puskas sono ancora valori esclusivi verso i quali si nutre riverenza. Per conservare la storia ai massimi livelli, va tutelata la memoria del passato, quello che è successo con Maldini dimostra una mancanza di cultura storica, di rispetto della tradizione milanista. Se è vero che con la storia non si vince è anche vero che la storia insegna a vincere”. Un vero e proprio attacco diretto alla società.