L’Nba riparte ma la protesta continua. I giocatori hanno deciso di riprogrammare il calendario ma c’è stato il rischio di uno stop definitivo.
Dopo le riunioni separate tra proprietari e giocatori, alla fine delle quali è stato stabilito di tornare in campo e terminare i playoffs, ci sono stati altri incontri tra le varie franchigie, che hanno nominato due rappresentanti per squadra per stabilire quali saranno le forme di protesta da mettere in campo nei prossimi giorni. Intanto il campionato riparte perché a breve arriveranno le famiglie dei giocatori, ormai in semi-isolamento da ben sei settimane. Ma c’è stato davvero il rischio che tutto finisse e che la stagione venisse annullata.
Los Angeles Clippers e Los Angeles Lakers avevano proposto inizialmente di annullare la stagione e tornare a casa, per dare un forte segnale di protesta contro gli episodi di razzismo nei confronti degli afroamericani che stanno falcidiando gli Stati Uniti da diverso tempo; Lebron James ha anche dichiarato questa volontà con un tweet molto forte, nel quale è chiaro il riferimento a Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d’America. Poi però ha vinto la linea più morbida, decisivi gli interventi di Chris Paul e Andre Iguodala, numero uno e numero due del sindacato dei giocatori, che, dopo diverse riunioni, hanno deciso di tornare in campo ma di non stoppare la protesta.