La forza di un calcio propositivo, fatto di idee, applicazione e dinamismo. Il marchio Giampaolo è stampato nella sua storia di allenatore, nei risultati delle sue esperienze da allenatore partito dal basso fino a Empoli e Sampdoria, il vero salto di qualità che lo ha portato dritto sulla panchina del Milan.
In rossonero la prova di maturità, l’impatto con un grandissimo club, la pressione di non poter sbagliare, una grande piazza che vive di calcio, abituata a grandissimi trionfi e che vorrebbe tornare a farlo. Oggi è stato presentato alla stampa, Giampaolo è stato subito chiaro.
PRESENTAZIONE – “Sono felicissimo e motivatissimo di essere qui, di allenare il Milan, una società gloriosa con una storia importantissima. Tra i club più conosciuti al mondo. Sicuramente è una grande opportunità. Attraverso il lavoro e sacrificio ho meritato questa chance, adesso devo meritarla sul campo. Non c’è mai una fine al tuo percorso. Che è stato di up and down, cadute e risalite. Un aspetto importante fatto dal club la prima volta è: diffidiamo da coloro che non hanno mai sbagliato. Questo mi ha fatto piacere, si impara anche dagli errori. Oggi sono felice, contento e motivato. E penso di esserci arrivato all’età giusta”.
L’INCONTRO CON MALDINI – “Stavo salpando, ero in barca… è squillato il telefono, i miei amici son partiti e io sono andato a Milano. Cinque anni fa per ripartire ero andato in Serie C, accettando una sfida che poteva chiudere la mia carriera; ho avuto il coraggio, la pazzia di accettare e ripartire, ma nutrivo rabbia e risentimento. Volevo tornare in Serie A, è chiaro che cinque anni dopo la chiamata del Milan mi ha reso un uomo felice. So che è un privilegio, un onore, sono pronto a raccogliere questa sfida”.
GIOCO – “Ringrazio tutti per la fiducia. Il Milan rappresenta un senso di appartenenza, una riconoscibilità calcistica. Il Milan ha sempre cercato di fare gioco, tramite un’identità, un modo di essere. Io penso che le grandi squadre devono avere identità. Ho in mente tante cose, tanto lavoro. Ma è chiaro che l’obiettivo è quello di essere riconoscibili. I calciatori devono riconoscersi nello stile di gioco, nel marchio”.
MOTTO – “Testa alta e giocare a calcio, questo è il mio motto. Mi piacciono i giocatori affidabili, motivati, quelli con ambizione, calciatori che vogliono essere ricordati. Il progetto è quello di offrire un calcio apprezzabile, uno spettacolo apprezzabile. Chiaro che bisogna sostenerlo con dei risultati. Ma io non parto con l’obiettivo finale. Il Milan deve giocare per l’obiettivo massimo, ma io voglio programmare un passo alla volta. Il mio primo pensiero è domani, oggi era l’incontro con voi. Da domani parlerò coi calciatori, a capire cosa pensano, quali sono le loro ambizioni, poi dovremo mettere in atto un progetto di gioco condiviso, creare una mentalità. Il percorso è lungo ma bisogna procedere un passo alla volta”.
QUALITA’ – “Io credo che non si possa giocare bene senza giocatori di qualità. Nessuno riuscirà a farlo senza qualità. Che è quella caratteristica che rende un gruppo di calciatori in sintonia. Il Milan ha diversi giocatori con questa caratteristica. L’anno scorso ho pensato che il Milan potesse essere la sorpresa del campionato. Ci sono stati momenti particolari, tipo quella bellissima di esordio a Napoli. Pensavo il Milan potesse fare un percorso sorprendente, poi il campionato è lungo e possono succedere tante cose. E cercheremo giocatori con questa filosofia, con questa idea. L’importante è credere con quella che fai”.
AMBIZIONI – “Che ci voglia del tempo sì, sono d’accordo, sarà il mio primo alleato e il mio primo nemico. Il Milan ha calciatori molto giovani, forse la più giovane del campionato. A questo gruppo vanno trasmesse le ambizioni. Spesso le differenze sono sottili. Bisogna trasmettere la mentalità vincente. Zvone e Paolo hanno esperienza da vendere e contribuiranno nella crescita di questa responsabilità. Allenare e giocare nel Milan non capita tutti i giorni, va costruita una squadra senza paura. E sono fiducioso. Dovrò capire i calciatori e le loro qualità, cosa ci serve e dove orientarci. Ma è una bella sfida, la raccolgo con grande entusiasmo”.
ASSENZE – “Mi dispiace di non poter disporre di alcuni calciatori di valore da subito perché prima di muoversi in una direzione voglio essere sicuro, voglio capire chi soddisferà le nostre idee e chi invece può fare meno bene seppur forte. In questo senso qualche periodo di riflessione dovrò prendermelo. Ora partiamo con un numero di giocatori ridotto, ma questo ci permetterà di completare la squadra”.
OBIETTIVO – “L’obiettivo finale lo devo costruire. Chiaro è che si guarda verso quell’obiettivo, la Champions, ma faccio affidamento sugli step. Sui giocatori da cui ripartire? Io parlo di 22-23 giocatori. Per me la differenza la fa un gruppo a servizio della squadra. Non ci sono prime donne, ci sono giocatori che devono lavorare alla causa Milan”.
RIVINCITA – “No, parlerei di un percorso lungo e difficile. Sono rimasto deluso dalle esperienze negative, ma non mi sono mai arreso. Ho studiato, ho ricercato, mi sono aggiornato. Penso non si finisca mai di imparare. Non è una rivincita, è l’attaccamento che ho nei confronti del mio lavoro che oggi mi ha portato qui e spero mi faccia rimanere qui per molto tempo”.
SUSO – “A me i giocatori di qualità piacciono tantissimo. Senza di loro non vinci le partite. Ho detto che non mi fossilizzerò sul modulo ma sulle caratteristiche dei giocatori per farli rendere al meglio. Lavorerò sulla sua posizione ideale per farlo rendere”.
MERCATO – “Io traccio profili, poi la ricerca la fa il club e lavoriamo. Ci sono giocatori che con la loro qualità rendono più bella l’idea. I giocatori forti rendono l’allenatore migliore”.
SARRI – “C’è un rapporto di antica amicizia, ci sentiamo spesso, in questo periodo organizziamo una cena a casa sua. Non parliamo moltissimo di calcio, ma di esperienze. Lui è l’esempio di chi ha sofferto, ha patito, si è sbattuto e poi ha vinto. Ha raccolto grandi soddisfazioni. Gli devo molto perché mi suggerì alla dirigenza dell’Empoli. Questo è frutto della stima reciproca. Negli anni abbiamo rubato uno qualcosa all’altro.
SACCHI – “Per me era impensabile… Quando sei stimato dalle persone aumenta la responsabilità perché non vuoi tradire la fiducia. Mi fa molto piacere. Non ho paura di niente, ho soltanto di paura di arrivare domani all’allenamento”.
THEO HERNANDEZ – “Il club ha fatto una ricerca importante, ha individuato in lui un potenziale con grandi qualità. E’ giovane, mi hanno chiamato anche per far crescere i giovani con qualità. Sono curioso di capire che giocatore sia perché si porta dietro l’ambizione di poter diventare tra qualche anno uno dei migliori in quel ruolo. Sono curioso di scoprirlo. Ha caratteristiche diverse da Rodriguez, anche li dovremo pensare a quale direzione muoverci”.
PRAET – “Ringrazio il presidente Ferrero perché mi ha fatto vivere tre anni di grande calcio. E mi ha liberato dal contratto per venire al Milan. Praet l’ho allenato, lo stimo, ma in quel ruolo ne abbiamo quattro. Adesso non è un giocatore del Milan perché penso siamo coperti in quel ruolo. André Silva e Cutrone? A pelle sono diversi per caratteristiche e devo valutari insieme agli altri, ma sono giocatori di livello e di qualità, devo capire come metterli insieme. Ma sono giocatori forti e del Milan, è già un bell’andare poter scegliere”.
PROGRAMMAZIONE – “Bisogna lavorare tanto, programmare anche le cose invisibili perché nella gestione di una squadra ci sono tante cose. I carichi di lavoro, i tratti psicologici, le ambizioni, la maturità. C’è un lavoro grande da fare. Prometto lavoro, serietà, impegno, dedizione. Conto di lavorare tanto tutto il giorno, questo sì che posso prometterlo. Mi piacciono i giocatori responsabili, che si divertono in maniera responsabile, gli affidabili”.
EUROPA LEAGUE – “Ci dispiace non poter giocare l’Europa, da questo bisogna cogliere l’altro lato che è di lavorare sette giorni, avere un ciclo settimanale per lavorare nel miglior modo possibile anche l’anno successivo”.
MAESTRO – “Sono un allenatore che vive il suo mestiere con molta passione, spesso faccio fatica a godere del percorso. Loro sono stati calciatori di altissimo livello e hanno sensibilità per capire certe cose. Ho cercato di esporre le mie idee, il mio modo di vedere le cose. Ho chiesto un calciatore nel breve tempo per essere funzionale al nostro lavoro, per far si che non si disperda tempo. E questo lo sapevano già. Ho fiducia nelle loro conoscenze. I loro suggerimenti sono pertinenti. Non sono mai stato pressante”.
DONNARUMMA – “Donnarumma è fortissimo. Tre o quattro anni chiesi la sua maglia…”
GATTUSO – “Quando abbiamo giocato contro ho sempre espresso a Gattuso la gestione dialettica delle cose. Ha avuto sempre la tendenza di assumersi responsabilità. Tanti gliel’hanno rinfacciata in maniera negativa, ma per me no. Dal punto di vista tecnico, è una squadra che aveva qualità, che difendeva bene. Vediamo cosa cambiare, non lo so. Alcune idee ce l’ho, ma devo capire con chi ho a che fare. Lavorerò per giocare un calcio in cui il giocatore possa sentirsi protagonista. Che possa giocare e non farsi giocare, che non si attendista ma vada a prendere l’avversario. Ma serve lavoro, lavoro e lavoro. Servono giocatori che sposano il progetto perché ci credono”.
ALLEGRI – “E’ un appuntamento ricorrente con Galeone, mi ha insegnato tanto. Max era nostro calciatori, mi ha raccontato tante cose del Milan. L’ho sentito un paio d’ore fa, una carriera straordinaria la sua, grandissima capacità di gestire le cose. Il confronto ci arricchisce, gli chiederò molte altre cose perché è importante capire bene dove sono. L’ho già capito, ma devo approfondire…”.
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