La storia di Andrés, l’altro Escobar. Esattamente 25 anni fa, lo splendido difensore della Colombia, uno dei più importanti degli anni ’80, moriva crivellato di colpi all’esterno di un ristorante perché ritenuto “colpevole” dell’eliminazione dei Cafeteros dai Mondiali del 1994.
Sei colpi di pistola, a bruciapelo. Così morì Andrés Escobar, rientrato in patria dopo l’eliminazione dalla coppa del mondo al primo turno. La Colombia fu sconfitta 2-1 dagli USA, padroni di casa, e il difensore realizzò un autogol. Ed è quello che gli costò la vita.
Ci fu grande amarezza per quella eliminazione. In molti puntavano su un buon Mondiale della Colombia, squadra fortissima e ricca di grandi giocatori. Andrés Escobar era uno di questi. Invece il cammino andò male e si concluse presto, troppo presto.
Oltre alla delusione sportiva, c’era anche quella puramente economica. In molti infatti avevano scommesso del denaro sui Cafeteros, e fu quello il principale motivo dell’omicidio del difensore. Una volta rientrato in città, nonostante le minacce e gli insulti, Escobar decise comunque di uscire di sera per recarsi in un locale.
Già lì la situazione era molto calda e sfiorò la rissa. Così Andrés capì che era meglio andar via, ma all’esterno del ristorante fu raggiunto da un gruppo di uomini che passarono ai fatti e spararono sei colpi dritti verso il calciatore. Che non fece tempo ad arrivare in ospedale perché già cadavere.
Era il 2 luglio 1994, fu un evento molto importante che sanciva il forte legame fra il calcio colombiano e la malavita. Un legame che dura tuttora e la dimostrazione arriva dalle minacce di morte subite da Tesillo, autore del rigore fallito che ha provocato l’eliminazione della Colombia dalla Copa America.
Sono passati tanti anni, ma la storia non è cambiata. Solo che ora non c’è più bisogno di mandare lettere. Oggi basta un tweet, un post o una foto. “Spero finisca come Andrés Escobar“, qualcuno ha scritto sui social network.
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