Napoli, Carlo Ancelotti ha parlato dell’annata trascorsa e della rivalità con la Juve.
Intervistato dal Corriere dello Sport in occasione del suo sessantesimo compleanno che festeggia oggi, il tecnico degli azzurri ha affrontato diversi temi.
Modulo: “Ho insistito sul 4-4-2 perchè è un sistema di gioco che permette di colpire molto meglio il campo, migliora in prevalenza l’aspetto difensivo. A livello offensivo a volte abbiamo fatto il 3-1-5-1, altre il 2-3-4-1. Con il 4-3-3 hai poca densità offensiva centralmente, spesso il centravanti si trova da solo in 1 contro 2.
Partite della vita: “Ce ne sono tante, ma ne indico due: Milan-Manchester United e la finale di Champions League persa a Istanbul contro il Liverpool. Nel primo tempo fummo fantastici. Nella ripresa ci disunimmo, ma anche sul 3-3 sbagliammo un sacco di gol. Erano sulle gambe, molti di loro con i crampi, le provarono tutti pur di arrivare ai rigori. L’ho vista tre settimane fa in tv, una sola volta in quattordici anni“.
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Partite più brutte: “Bologna-Milan, il primo anno. Distrussi lo spogliatoio, giocammo malissimo rischiando di compromettere la qualificazione in Champions. E ad Evian, in coppa di Francia, col PSG. Mi inca…i di brutto con Verratti che si era fatto espellere. Diedi un calcio a un cartone che finì per centrare la testa di Ibrahimovic. -Mister che l’hai con me?- Gli risposi di no e che ce l’avevo con un altro. E poi i primi venti minuti con l’Arsenal a Londra quest’anno. Inspiegabili.
Ancelotti sulla sfida alla Juve
Stagione: “Il primo anno è stato di transizione, ma la fionda è tirata e pronta a colpire”.
Sarri: “Il legame che ha con i napoletani è stato molto forte, così come la sua adesione al progetto e alla napoletanità. E’ comprensibile che qualcuno lo viva male, ma Maurizio è un professionista e a volte il mestiere ti porta a fare scelte che disorientano”.
Moggi: “Un grande dirigente. Alla Juve ho imparato una cosa: il rispetto dei ruoli. Ti fa sentire importantissimo e centrale fino all’ultimo giorno. Non ti fa mancare la fiducia e per un tecnico è fondamentale. La società è lo scudo protettivo irrinunciabile, se non tiene meglio lasciarsi subito. Al Bayern è mancato il dirigente di mezzo, il filtro. Lì il rapporto era diretto col presidente. Al Napoli, Giuntoli non si a mai mancare e non c’è lui c’è Pompilio. Ha una preparazione a prova di quiz, sa tutto di tutti. Un giorni per metterlo alla prova gli chiesi di un centrocampista turco di terza serie. Beh, mi spiegò anche quante volte andava in bagno”.