Massimiliano Allegri anticipa al Corriere della Sera alcuni interessanti estratti del libro “E’ molto semplice”, in cui racchiude la sua carriera.
In primis parla proprio della semplicità del calcio: “C’è qualcuno che vuole rendere il calcio più difficile e mi fa andare fuori di testa. Con chi ce l’ho? Non ce l’ho con nessuno, dico solo che si rende complicato ciò che è semplice. La semplicità è la cosa più complicata, ma si sta andando verso una direzione non corretta, perché complicare le cose rende ancora più difficile il lavoro”.
Sulla allenatore aziendalista: “Un allenatore aziendalista è uno che porta risultati. Io mi reputo un manager dell’azienda Juventus, che alla fine dell’anno deve portare a casa il risultato, non solo a livello sportivo, ma anche a livello di crescita dei giocatori. Risultati che incidono alla fine anche sul bilancio della società”.
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Sulla permanenza a lungo nella Juventus: “Se mi piacerebbe un ruolo “alla Ferguson”? Io spero di sì, perché vorrebbe dire rimanere tanti anni alla Juve”.
Sui moduli tattici: “L’allenatore deve dare un’organizzazione di gioco e avere la lucidità di capire fino a dove possono arrivare i giocatori che ha a disposizione. Quelli che possono arrivare a 7 e devono dare 7, quelli che possono arrivare a 10 devono dare 10. Non possono tutti fare le stesse cose, questa è una legge di vita”.
Sul calcio totale: “L’Olanda è l’esempio di un sistema in cui sono stati costruiti per molti anni giocatori singoli molto bravi, poi che non abbiano vinto è un altro discorso. Il calcio olandese era un calcio totale perché tutti sapevano giocare in tutte le zone del campo. L’Ajax? Il merito della crescita è dei singoli talenti all’interno di un sistema che insegna ai ragazzi a giocare a calcio, che non li “meccanizza””.
Sulla Champions League: “Il compiacersi e la presunzione ti possono far perdere il senso della realtà. Nella finale col Real abbiamo avuto eccessivo ottimismo e sicurezza. In Europa ora devi vincere, come devi vincere in Italia”.
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