C’è grande attesa per la sentenza della Corte d’Appello FIM sul caso inerente la regolarità dello spoiler posteriore della Ducati GP19. La vittoria di Andrea Dovizioso nella gara di apertura del campionato MotoGP 2019 in Qatar rimane in sospeso.
Tra i maggiori promotori del ricorso contro Ducati c’è stata Aprilia, che nella figura del nuovo amministratore delegato Massimo Rivola ha voluto vederci chiaro. Il dirigente italiano viene dalla Formula 1, un campionato nel quale le dispute sui dettagli tecnici sono all’ordine del giorno.
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Sky Sport MotoGP ha intervistato proprio Rivola per fargli esporre la sua posizione in merito alla vittoria di Dovizioso e alla vicenda Ducati in generale: «Non abbiamo mai chiesto di annullare la vittoria di Dovizioso. Quello che mi aspetto dopo l’udienza non è un cambiamento nel breve periodo, ma spero la gente capisca che è necessaria maggiore chiarezza dal punto di vista tecnico. Se la MotoGP si avventurerà nello sviluppo aerodinamico, per come ho vissuto la F1, rischiamo di spendere un sacco di soldi per vantaggi marginali mettendo in difficoltà chi deve fare le verifiche tecniche».
L’amministratore delegato di Aprilia Racing ha spiegato che il team di Noale ha deciso di muoversi perché in precedenza le resta stata negata la possibilità di sviluppare soluzioni nell’area nella quale Ducati è poi intervenuta. Una disparità di trattamento, dunque. Inevitabile che ci fosse qualche conseguenza. Bisognerà vedere se la Corte d’Appello FIM darà ragione alle squadre che hanno fatto ricorso.
Rivola non è molto fiducioso sull’esito della sentenza che verrà emessa entro martedì 26 marzo: «Aspettiamo, ma sinceramente credo che questa modifica potrà rimanere. Ma mi chiedo “Dove è il limite?”. Vorrei evitare un’escalation di invenzioni. Non voglio fare sgarbi a nessuno, ho visto cosa non funzionava e ne ho parlato con Ezpeleta e Dall’Igna prima di agire. Evidentemente loro si sentivano sicuri e probabilmente hanno avuto ragione a farlo. A quel punto ci dovremo adeguare noi». Attendiamo la decisione della Corte d’Appello FIM.
Matteo Bellan