Inter, Julio Cesar: “In Brasile è successa una tragedia. C’era un ragazzino che faceva il portiere e aveva il sogno di conoscermi di persona. Spero in un futuro lontano di poterlo conoscere dall’altra parte per giocare insieme”.
Intervistato dai microfoni di DAZN, l’ex portiere brasiliano ha affrontato diversi temi riguardanti anche il suo passato in maglia nerazzurra.
Primo pensiero collegato a San Siro: “La curva che urlava il mio nome. Mi vengono in mente un sacco di ricordi: i rigori che ho parato, quello a Ronaldinho… bellissimo. I gol subiti non li ricordo, solo le parate”
Sogni da bambino: “In Brasile è successa una tragedia, vedendomi da piccolo mi vengono in mente quei bambini. C’era un ragazzino che faceva il portiere e aveva il sogno di conoscermi di persona. Spero in un futuro lontano di poterlo conoscere dall’altra parte per poter giocare insieme. Tanti amici mi hanno chiesto di chiudere la carriera al Flamengo. L’ultimo giorno c’erano 60mila persone al Maracanà, finire la carriera lì è stata la ciliegina sulla torta”.
Parere un rigore: “Per noi farlo è come segnare un gol per un attaccante. All’Inter ne ho parati tanti ed è il momento più bello. Non riesco a raccontare l’emozione che si prova quando si para un rigore”.
Il rigore con Ibrahimovic: “E’ un fuoriclasse. Avendo giocato con lui due anni conoscevo il suo modo di tirare, sono andato da lui e gli ho detto: “Guarda pezzo di m… non tirare forte al centro perché se no te lo paro“. Lui faceva la faccia da figo. Mi conosceva bene, può tirare forte in mezzo per andare sul sicuro. Gli ho tolto questa opzione e dovevo scegliere un lato, conoscendolo sapevo che aveva un angolo di sicurezza, alla mia destra. Ha tirato forte, ma bene bene, mi ha segnato e mi ha detto: “Vai dentro e prendi pallone pezzo di m… “. A lui piace fare queste cose. Gli piace negli spogliatoi dare calci anche alla testa dei giocatori. Mi ricordo con Cassano al Milan, è un fuori di testa ma è fortissimo”.
>> Se vuoi rimanere aggiornato sulle news di sport > > CLICCA QUI
Roberto Mancini: “E’ stata la persona che mi ha dato fiducia e ha cambiato la mia vita. Mi suggeriva come parare le punizioni. Prima di una gara contro la Juve a Torino arriva da me e mi dice: conosco bene Nedved, lui tira sempre sul palo del portiere. Prima punizione, barriera, tira sopra la barriera e sfiora il palo non dove ero io. Seconda punizione tira una palla lenta sopra la barriera, io parto in ritardo perché l’aspettavo sul mio palo. Gol della Juve e abbiamo perso 2-0. I giornali parlarono malissimo di me, scarso nelle punizioni. Vado dal mister e gli dico: “Prendo io le responsabilità, dura prendere un gol perché ho fatto come dice l’allenatore. Non sono libero di fare la mia scelta”. Non mi ha detto più niente, ma ho dovuto lavorare per togliere questo timbro”.
Spogliatoio e triplete: “Rientrando qui mi sono venuti molti ex compagni in testa, quando parlavamo prima della partita, tutta la preparazione e la concentrazione. Adesso tutti hanno i telefonini, ognuno è nel suo mondo e sono cambiate tante cose. Marco Materazzi ha creato una chat con tutti quelli del Triplete, il più attivo è mister Mourinho, è quello che scherza di più”.
Mourinho: “Faceva diventare un giocatore normale fortissimo, riusciva a trasmettere quello che sentiva lui. Mi ricordo di una volta che eravamo alla Pinetina e dovevamo andare a giocare il ritorno della semifinale di Champions contro il Barcellona. Quando ci ha motivati avevo la pelle d’oca, volevo andare subito sul campo a giocare. Prima della finale contro il Bayern Monaco, abbiamo fatto un’ora di riunione dove ha spiegato nei dettagli la partita. Io ho difficoltà a tenere la concentrazione, meno male che non mi ha visto”.
LEGGI ANCHE: Inter, Spalletti: “Contro l’Eintracht serve resilienza. Juve? E’ un esempio per il carattere”.