Napoli ed Hamsik, dopo 11 anni il viaggio si conclude.
Una bellissima storia d’amore arrivata al termine, così è metaforicamente definibile l’avventura di Marek Hamsik con il Napoli.
Era nata quasi per caso, impossibile immaginare che la relazione così profonda si sarebbe trasformata in una delle più importanti della storia del calcio italiano.
Tutto comincia nel lontano 2007, i partenopei tornano in Serie A dopo 7 anni, un fallimento, ed una lunga cavalcata dalla serie C. Il presidente è Aurelio DeLaurentiis ed il direttore sportivo è Pierpaolo Marino. La squadra si sta ricostruendo e servono rinforzi per la salvezza, così il 28 giugno di quell’anno vengono presentati due giovani semi sconosciuti: Ezequiel Lavezzi e proprio Marek Hamsik.
Il primo è argentino ed a Napoli, dopo Diego Armando Maradona, un giocatore di quel paese, che gioca in attacco, stuzzica sempre l’interesse della piazza. Il secondo è uno slovacco, ha solamente 19 anni (dopo solo un mese ne avrebbe compiuti 20), è silenzioso ma sorridente. Ad impatto non colpisce l’opinione pubblica, con quel suo capello corto ed un principio di ciuffo rialzato.
Arriva dal Brescia per soli 5 milioni di euro, e Marino in lui ci vede una scommessa, un futuro campione. Il 15 agosto quel numero 17 tutto da scoprire, segna il suo primo goal con i campani, in Coppa Italia, ed un mese arriva dopo il secondo, in campionato. La prima firma di Marek Hamsik in Serie A è contro la Sampdoria, una squadra che chiuderà un cerchio.
Gli anni passano e lo slovacco segna, si radicalizza sempre di più nella napoletanita’ dei suoi tifosi. Che sia una mezz’ala, un trequartista, che ci riesca di destro, di sinistro, di testa, farà goal per 121 volte con quella maglia, nessuno come lui.
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Firma una doppietta in una storica rimonta a Torino contro la Juventus, gioca per la prima volta in Champions League ed in Europa League, vince la Coppa Italia regalando un trofeo agli azzurri dopo vent’anni.
Marek diventa Marekiaro, un simbolo, come la Marechiaro che incanta la città. Cresce Hamsik, come quel ciuffetto da adolescente che si trasforma in una cresta che sistema dopo ogni goal, quella che lo rende riconoscibile in tutto il mondo e lo fa entrare nel cuore dei tifosi. Un marchio di fabbrica.
Cresce anche il suo valore, Manchester United, Real Madrid, Juventus, lo vogliono, ma lui rifiuta, sempre. Si trasforma in una bandiera, diventa il capitano. Taglia il traguardo delle 520 presenze con il Napoli, è davanti a tutti anche in questo lo slovacco.
Si giunge al 2 febbraio del 2019, di nuovo la Sampdoria, dove tutto era iniziato con quel goal. Hamsik esce dal campo, con un pungo colpisce lo stemma dei partenopei, lui che è diventato un cittadino acquisito, e saluta tutti. La Cina lo ha chiamato, a 31 anni guadagnerà 9 milioni di euro stagione nel Dalian. Dopo un rifiuto in estate è arrivato il momento di andare via. Lo fa in silenzio, come quando arrivò quasi 12 anni fa. Nessun tributo, nessun giro di campo lungo minuti interi, forse per rendere meno dolorosa la fine di una storia d’amore cosi intensa.
Si può immaginare il dolore dei i tifosi napoletani, soprattutto quelli più giovani, che magari al suo arrivo avevano solo 8 anni ed ora ne hanno 20. Quei ragazzi che hanno sempre visto in lui un punto fermo, un capitano su cui contare. Sono cambiati gli allenatori, sono cambiati i giocatori, sono cambiati i dirigenti, lui c’è sempre stato, lui era la certezza di Napoli. Da lunedì si volta pagina. “Tanto l’aria s’adda cagna” avrebbe cantato Pino Daniele.
Di Claudio Mancini
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