Torino, ESCLUSIVO, Ferrante: “Superga ha fatto la storia. Cairo non ama gli ex. Il Var utilizzato così lascia molti dubbi”

Marco Ferrante ex attaccante del Torino
Marco Ferrante ex attaccante del Torino

125 gol totali con la maglia del Torino. Capocannoniere in Serie B nella stagione 1998/99 con 26 reti. Marco Ferrante, quinto posto nella classifica di sempre dei marcatori del club granata, uno dei giocatori più amati nella storia recente del Toro, racconta in ESCLUSIVA alla redazione di Sportnews.eu, cosa vuol dire vestire quella maglia. Il peso della storia del Grande Torino. Il non rapporto del presidente Cairo con gli ex giocatori simbolo. Il VAR.  

112 anni di storia del Torino. Otto in tutto i tuoi con la maglia granata. Da dove bisogna partire per raccontare questa storia? 

Dal cuore che non ha mai dimenticato, che batte sempre forte. Bisogna partire dal Grande Torino perché quella squadra ha reso questo club straordinario. Dopo Superga è stato tutto annientato. Bisognava ricostruire e non si è mai più arrivati a quel livello. C’è il Torino, ed è bellissimo. Ma quella squadra non ci sarà mai più”. 

Quando un giocatore arriva al Torino. Quando veste la maglia granata, il peso della storia si sente? Quel peso ti accompagna tutti i giorni. I tifosi più grandi di età che sono al campo di allenamento tutti i giorni ti fanno percepire cosa ha rappresentato quella squadra. Ti raccontano sempre aneddoti, sono li a seguirti anche sotto la pioggia, al freddo, e fanno sempre i soliti discorsi rivangando il passato. Ti chiedono sempre di avvicinarti al mito. Ma è inutile, tu arrivi sempre corto“. 

Il peso della maglia? “Lo dico con grande sincerità, ho vestito molte maglie, le rispetto tutte perché ognuna ha rappresentato la mia vita. Ma la maglia del Toro è la più pesante in assoluto. E’ strano. C’è qualcosa di magico che ti lega al passato. Devi aver giocato nel Torino per più di due anni per capire cosa significa il motto del ‘Vecchio Cuore granata‘. Significa sudore, fatica, voglia di non mollare un centimetro. E’ davvero particolare, credo una cosa unica”. 

125 gol in granata, quinto bomber della stoia di questo club. I gol più significativi?: “Quelli nei derby. Non c’è partita. Sopratutto quello del 2-2 e del 3-3, era l’anno che venivamo dalla Serie B, al primo anno di A. Erano epoche durissime per il Toro. Con la Juventus di allora era una lotta impari, avevano giocatori pazzeschi: Trezeguet, Zidane, Buffon, i più forti. Quindi tu dovevi vendere cara la pelle per poter sperare di fermarli. Noi lo abbiamo fatto. Quei pareggi valgono come vittorie. Indossi la maglia e non regali nulla a nessuno, è davvero così”. 

Perchè nessun grande del passato in una società con valori così forti lavora con il presidente Cairo? “Mi dicono che Cairo non è molto amante degli ex. Per quanto mi riguarda il rapporto con l’attuale società non posso dire che sia freddo, quando vado a vedere le partire ci si vede, con il Torino c’è un legame di sangue e resterà tale. Però finisce tutto li. Se in futuro ci dovesse essere una possibilità costruttiva mi piacerebbe lavorare al Toro. Resta chiaro che io non chiedo niente a nessuno, ma sono sempre disponibile”. 

E’ un po strano tutto questo no? “Egoisticamente penso proprio di si. Tutti i grandi club hanno all’interno le loro bandiere. Dovrebbe essere cosi. L’esperienza ti insegna a curare i rapporti, sai come supportare il tifoso nei momenti di difficoltà. Sai come gestire certe situazioni perché conosci la storia. Il presidente ha fatto una scelta, non è propenso agli ex. E’ davvero molto strano. Anche gran parte della tifoseria la pensa così e vorrebbero vedere nel club i giocatori simbolo. Eppure la realtà è diversa. E’ la proprietà che deve decidere”. 

Sei stato un attaccante, hai litigato con gli arbitri, quando giocavi tu non c’era il VAR. Oggi c’è ma le polemiche non sono finite. Che ne pensi? “Non è più un calcio bello come ai miei tempi. L’errore dell’arbitro era lecito, discutevi ma era umano.
La tecnologia dovrebbe servire a far si che non ci siano polemiche. Invece ci sono. Il rigore in Roma-inter c’era. Era impossibile non darlo. Mi chiedo solo: se è giusto rivedere le immagini perché non lo si fa? Perché non si prendono decisioni limpide quando le cose sono sotto gli occhi di tutti? No dico solo l’arbitro. Anche chi è seduto, vede il monitor con più calma, perché non avvisa il direttore di gara? Quindi anche con il VAR certi dubbi restano. Questo lascia amarezza”.

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