NOTIZIE ROMA – Il difensore brasiliano della Roma, Leandro Castan, ha parlato in esclusiva ai microfoni del giornale “Il Tempo” in edicola questa mattina: “Nel primo tempo contro l’Empoli ho fatto uno scatto e ho sentito una fitta alla gamba sinistra. La sera mi girava un po’ la testa, e il giorno dopo il medico mi ha portato dall’oculista. Lì la visita è andata bene, poi ho fatto una risonanza magnetica e hanno scoperto che avevo questo corpo grande quanto una fragola nel cervelletto. I medici hanno escluso subito un tumore, secondo me sapevano già dopo una o due settimane cos’era di preciso, ma me l’hanno detto solo dopo due mesi. Ho avuto tanta paura: i tifosi sui social mi chiedevano se avevo un cancro, e io ho pensato di morire. Ho riunito la mia famiglia per farmi dire la verità, ma mi hanno sempre smentito tutto. Poi a novembre mi sono operato per poter tornare a giocare. Ringrazio Sabatini e le sue parole di conforto, probabilmente, senza di lui, oggi avrei smesso. Sono molto legato a lui, in questo periodo soffre più dei tifosi. Non so quando tornerò in campo, voglio essere al cento per cento per fare la preparazione con i compagni. Ora ho ricominciato ad allenarmi e colpire di testa. Il caschetto? Preferisco di no, sennò poi mi ci abituo. E’ un periodo difficile, ma il peggio è passato. Non so cos’è successo. Non sono state decisive le assenze mie e di Strootman , noi non c’eravamo i primi mesi. Comunque l’importante è chi arriva secondo a fine campionato, non ora. Il sorpasso sulla Lazio può essere la rivincita del 26 maggio; qui la rivalità si sente tanto, anch’io sono entrato in clima derby. La Champions? Non eravamo pronti per giocarla, ci serviva fare esperienza, il prossimo anno andrà meglio. Dobbiamo lavorare tutti insieme per tornare ai livelli di un anno fa. A Roma bisogna stare attenti, perché quando si vince si diventa tutti fenomeni, invece è quello il momento in cui si deve lavorare duro. Garcia è arrabbiato perché i risultati non arrivano. Ma bisogna andare vanti con lui, ha fatto un gran lavoro da quando è arrivato. Manolas? E’ forte, ma abbiamo giocato solo 45 minuti insieme. Manca ancora l’intesa, quella che avevo con Benatia. E poi ci sono anche Mapou, Astori e Romagnoli; Alessio può diventare forte come Marquinhos che è già un top player. Scudetto? Non me ne vado finché non lo vinco. Voglio essere ricordato per un trofeo, non per un’operazione al cervello. Felipe Anderson? E’ un bel giocatore ed un bravo ragazzo, ma mi dispiace per lui che non arriverà secondo”.