L’attaccante si è raccontato a “La Gazzetta dello Sport”…
NOTIZIE AS ROMA – Questa è anche una storia di sangue, sesso e soldi. Una storia sorridente come una capolista e «pulp» come il dolore di ferite mai rimarginate. A raccontarla, in un’intervista a La Gazzetta dello Sport (M. Cecchini) èMarco Borriello, un ragazzo di 31 anni rimasto a lungo prigioniero di pregiudizi e luoghi comuni. Grattando sotto la crosta, però, la vita nasconde per tutti segreti e rinascite, a cominciare da quelle sportive.
Borriello, com’è la sensazione di passare da pacco postale da spedire ovunque a elemento cardine della Roma?
«Bella. Quando è arrivata la nuova proprietà venivo da una stagione in cui avevo segnato 17 gol, ma non mi conoscevano come uomo. Forse perché mi porto addosso certe etichette, non so. Fatto sta che abbiamo preso strade diverse. Ora stiamo imparando a conoscerci».
Infatti allungherà il contratto spalmando l’ingaggio.
«E’ vero, penso di rimanere fino al 2017».
Ha conosciuto cicli giallorossi diversi con Ranieri, Montella, Luis Enrique e Zeman: differenze?
«Con Ranieri all’inizio c’era grande entusiasmo che man mano però è andato perduto durate il cambio di proprietà. Con Montella mi sono trovato benissimo, Luis Enrique e Zeman invece avevano idee tattiche diverse, così ho capito che era meglio andare via. Poi però loro sono stati esonerati e io ho vinto uno scudetto… Ecco, l’ho detto. Avevo questo sassolino da togliermi».
Intanto la Roma senza Totti ha segnato «solo» un gol a partita, tirando in porta un terzo di prima.
«Con Francesco siamo molto amici, ma nessuno al mondo può sostituirlo, è la luce. Senza di lui manca della qualità, però questo deve responsabilizzare tutti, non solo me. Io non sono il centravantone bravo solo di testa. Della settantina di gol che ho fatto in Serie A, il 90% li ho fatti di piede. So segnare in tutte le maniere. Il problema è che le altre squadre cominciano a scoprire i piccoli difetti che abbiamo, ma che ovviamente non dico. Detto questo, contro Udinese e Chievo abbiamo vinto, e pure col Torino ce l’avremmo fatta se qualche decisione fosse stata più favorevole».
Non mi dica che comincia anche lei a pensare al complotto.
«Alt. Nessun complotto, non ci piangiamo addosso. Finita Calciopoli, non credo alla malafede degli arbitri. Possono sbagliare come tutti».
Sotto questo aspetto, è la stessa cosa giocare con Juve, Milan o Genoa?
«Sì. Prima qualche sospetto ce l’avevo, ma negli ultimi anni è uguale».
Mi dica tre motivi per cui la Roma può vincere lo scudetto.
«Perché abbiamo una grande squadra, dei grandi tifosi e poi non abbiamo le Coppe. Ma occhio alla Juve: è forte».
Che effetto le fa vedere il «suo» Milan sotto processo?
«Effetto strano, perché hanno ottimi giocatori. Mi dispiace».
Che rapporti ha con Galliani e Barbara Berlusconi?
«Con Galliani non sempre buoni, la Berlusconi la stimo parecchio».
Lo vede il suo ex rivale Inzaghi allenatore rossonero?
«Lo vedo allenatore perché vive per il calcio. Ma il caso Gattuso insegna che non è facile arrivare subito ad alti livelli».
Roma a parte, qual è il calciatore più forte con cui ha giocato?
«Maldini».
In carriera ha ottenuto meno di ciò che avrebbe meritato?
«Potevo dare di più, ma non è stata solo colpa mia. Qualcuno a volte mi ha messo i bastoni tra le ruote, senza contare che ogni volta che ho fatto una grande stagione, subito dopo mi sono infortunato».
Con quale allenatore ha avuto i rapporti peggiori?
«Baldini all’Empoli».
Visto che è uomo copertina e appassionato di moda, quando smetterà col calcio si vede in tv o in azienda?
«So che ho da anni un’immagine legata al gossip, ma è un luogo comune. E’ vero però che la moda mi piace, e sarebbe bello rappresentare il marchio di un’azienda all’estero».
La storia con Belen a chi ha fatto più comodo?
«A lei: io in quel periodo ero il centravanti della Nazionale, ma siamo rimasti in ottimi rapporti. Le ho fatto anche le congratulazioni per la nascita del figlio».
Se pensa alla squalifica per doping avuta nel 2006-07, non si vergogna un po’ per gli alibi «sessuali» che le furono dati da Belen (pomate vaginali)?
«Fu consigliata male ed esagerò con le interviste, ma non c’entrava niente. Quelle sostanze (metaboliti del cortisone, ndr) erano presenti solo in una pasticca per il mal di schiena che non ho mai preso. Ci crede che ancora non so cosa possa essere successo?».
Ha avuto più donne lei o Cassano?
«Lui ha detto 600-700, vero? Io invece poche, ma belle».
Quando ha fatto l’amore per la prima volta? E si ricorda con chi?
«Ho sviluppato tardi, diciamo 17-18 anni. E sul ricordo… Più o meno».
Prandelli ha detto che il mondo del calcio è pronto per l’outing degli omosessuali.
«Per noi calciatori non sarebbe un problema. Io poi ho anche alcuni amici gay. Ma non so come i tifosi la prenderebbero».
Lei ha detto che non ha mai conosciuto omosessuali nel calcio, ma di avere sospetti di bisessualità su qualcuno. Escludendo la Roma per farla vivere sereno, tra Milan, Juve e Genoa in quale squadra ne ha notati?
«In tutte e tre».
Voltiamo pagina: suo padre Vittorio nel 1993 fu ucciso dalla camorra. Com’è stata la sua infanzia?
«Non facile. Avevo 10 anni e mia madre è stata fondamentale per la crescita. Nel mio quartiere di Napoli, San Giovanni a Teduccio, c’è la più alta concentrazione di clan della città. Intendiamoci, non era una giungla, ma neppure Disneyland. Un bambino lì è costretto a essere sveglio per forza perché un anno lì ne vale dieci da un’altra parte. Il calcio, poi, mi ha aiutato a superare quella mancanza, però mi sarebbe piaciuto che mio padre avesse visto quello che sono riuscito a fare».
Si è detto però che fosse legato alla malavita.
«Mio padre era incensurato (processato e assolto, ndr)».
Ha mai avuto la curiosità di sapere perché è stato ucciso?
«Sì, ma l’ho saputo tanti anni dopo. Aveva prestato dei soldi a Pasquale Centore, ex sindaco di un paese del Casertano. Quest’uomo, legato al clan dei Casalesi, non glieli voleva restituire e in un raptus lo ha ammazzato».
Con queste premesse, come ha fatto a polemizzare con Roberto Saviano, accusandolo di speculare sulla camorra?
«Ho sbagliato, non lo rifarei. Solo dopo ho saputo quello che ha scritto e come è costretto a vivere. La sua è una goccia nel mare, ma ha avuto coraggio».
Lei è diventato il simbolo del calciatore che pensa solo alle donne e al lusso.
«E’ quello che pensano gli invidiosi».
Dai calciatori è difficile aspettarsi dichiarazioni su cose impegnative come la politica.
«E’ una questione di rapporti col pubblico. Io non ho mai votato, però sto cercando di capire chi si avvicina di più alle mie idee, anche se nessun partito le rispecchia».
Che sensazioni ha nel vedere Berlusconi condannato?
«Mi dispiace, lui ha fatto tanto per l’Italia».
In Francia vogliono scioperare per la supertassa ai calciatori del 75%: se arrivasse in Italia?
«Sciopererei. Già paghiamo un surplus per la solidarietà, ma a chi li sto dando questi soldi visto il Paese come va?».
E’ il momento dei saluti, ma Borriello trova il tempo di lasciarci con una promessa sorridente.
«Le potrei dire tante cose su Galliani, Berlusconi, la politica, i gay nel calcio, ma ora non me la sento. Lo farò quando smetterò di giocare».