SERIE A. SACCHI:” In Italia non si investe sui giovani”.

Arrigo Sacchi in un intervista ha dichiaratp che il nostro paese investe meno degli altri sui giovani…

(getty images)
(getty images)

NOTIZIE CALCIO- Sacchi, cordinatore tecnico delle nazionali ha parlato a Parma Football Club della sua ricetta per migliorare il calcio italiano e il problema dei giovani:

“Sì al Campionato Riserve a patto che permetta di lanciare i giovani del calcio italiano”.

“Avendo abbassato l’età della Primavera – spiega Sacchi – il balzo tra i ragazzi e i campionati professionistici è troppo grande. Le nazioni europee più evolute, hanno quindi creato squadre ‘B’ dove possono giocare gli Under 21 eccetto 3 giocatori. Si potrebbe fare come in Inghilterra, creando un Campionato Riserve apposito con i limiti dei 3 fuori quota per perfezionare i ragazzi e portarli poi in prima squadra. Se questo è l’obiettivo allora sarà un passo importante per il nostro movimento, altrimenti se verrà fatto solamente per far giocare quella moltitudine dei giocatori che compongono una rosa allora sarà un ulteriore spreco di denaro”.

Critica verso il movimento del calcio: “Il nostro Paese, come in tutti i settori, va detto però che è assai immobilista. I nostri stadi sono tarati per un’idea di calcio vecchia di 50 anni, con il concetto che ricalca molto l’idea dell’antico Colosseo. Il calcio italiano fa fatica a rinnovarsi. La soluzione ai problemi non è spendere più degli altri e a casaccio ma rinnovare dalle basi. La struttura di Collecchio, che conosco benissimo, per esempio è fra le migliori tra quelle che ci sono in Italia frequentata, per altro, da un pubblico educato e sempre rispettoso. Ed è sicuramente un primo passo importante per migliorare la vita dei giovani calciatori”.

“Nei settori giovanili si investe molto meno di quanto si spende all’estero. Ci sono paesi come Svizzera e Austria che hanno obbligato le società professionistiche ad avere delle Accademy dove i ragazzi si allenano e studiano lavorando, così, il doppio delle ore settimanali rispetto a quando si fa da noi in Italia. Inoltre noi siamo anche in arretrato con i corsi di aggiornamento, c’è meno materiale didattico. C’è molto da fare. Il Barcellona, per esempio, investe il 10% del proprio bilancio nei giovani mentre i top club italiani spendono il 3 o 4 per cento”.

 

Gestione cookie