MAROTTA: “Il calcio italiano non è più in prima fila come lo era qualche anno fa”

L’ad bianconero aggiunge: “Cosa ci manca? Il potere d’acquisto. Il loro fatturato è il doppio di quello della Juve, del Milan e dell’Inter”…

(getty images)
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NOTIZIE JUVENTUS – L’amministratore delegato bianconero, Giuseppe Marotta, ha parlato ai microfoni di Sky Sport al termine della gara contro il Bayern:

Vi ha fatto piacere il saluto dei tifosi a fine partita

“Assolutamente, ben gradito, rivolto principalmente al lavoro della squadra, quindi, dell’allenatore e dei giocatori, anche se va ricordato che questo ciclo dirigenziale, societario, è iniziato nel maggio del 2010 e avremmo messo la firma nell’immaginare di essere stasera qui a fare i quarti di finale di Champions contro una squadra così importante e dopo aver vinto lo scudetto l’anno scorso.

È chiaro che questo è un momento di grande crescita, abbiamo avuto un’esperienza importante, abbiamo giocato contro una squadra che, secondo me, è tra le prime due/tre in Europa, per quello che ha fatto e dimostrato.

Sappiamo che dobbiamo crescere nel lavoro e, chiaramente, nel tempo per rinforzare la squadra. Questo è un punto di partenza, sono qui proprio per esprimere i miei ringraziamenti a nome della società alla squadra e ad Antonio Conte“.

Dopo queste due partite il gap è quello che vi aspettavate o speravate in qualcosa di diverso?

“Devo dire che questo è un gap, direi, a livello generale del calcio italiano. Il calcio italiano non è più in prima fila come lo era qualche anno fa. Non è riduttivo dire che, comunque, in Germania per esempio ci sono 18 squadre invece di 20, che il Bayern ha vinto praticamente lo scudetto da 10 giornate, quindi si è dedicato esclusivamente alla Champions. Tutte queste situazioni non sono riduttive per elogiare una squadra, una società, che ha nella continuità del management la forza di partenza, per poi aver costruito un gruppo di giocatori che forse non hanno top player importanti, ma un insieme di giocatori che sono in grado di esprimere un gioco collettivo importante, di raggiungere qualsiasi obiettivo, a dimostrazione che negli ultimi tre anni sono andati in finale di Champions due volte”.

Cosa vi manca? Vi siete fatti un’idea?

“Ci riporta a una valutazione di casa nostra, del fenomeno italiano. Oggi il potere del Bayern, per esempio, è il potere d’acquisto, di quello che è il fatturato espresso, è il doppio del nostro, delle squadre italiane, per cui capite che dal punto di vista economico si possono permettere Javi Martinez e pagarlo 40 milioni in contanti, è un’operazione utopistica per qualsiasi club in questo momento”.

Sviene se le chiedono 40 milioni in contanti?

“Chiaramente, mi rendo conto che è utopia in questo momento per noi italiani. Dobbiamo ritrovare la forza di essere competitivi come nazione. Non a caso il nostro ranking, in termini europei, negli ultimi anni, ci ha visti retrocedere di qualche posizione. Non è solo un fenomeno della Juventus, ma nazionale”.

Siete in pochi a decidere le regole del calcio italiano. Sembra che succeda poco quando vi riunite.

“Se il paragone è con la Germania, che credo sia il modello di riferimento più importante, direi che lo è anche a livello di Stato: la Germania è molto più efficiente e solida rispetto alla nostra Nazione, quindi anche nell’ambito sportivo si contano queste cose. Nell’ambito delle strutture, l’Italia è ancora fanalino di coda, loro hanno delle strutture veramente di grandissima accoglienza e ospitalità, possono generare un flusso di spettatori importante, ma anche un flusso di ricavi attraverso la commercializzazione. Il fatturato del Bayern è nettamente il doppio di quello della Juve, del Milan e dell’Inter, ma non solo il Bayern. Piano piano dobbiamo risalire la china. Per quanto ci riguarda, noi eravamo partiti da un punto di partenza nel 2010 in cui era un po’ da rifondare la società, è evidente che ci vuole del tempo, anche se considero il lavoro fatto molto rapido nel risalire la china”.

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