LA GAZZETTA DELLO SPORT (A. Elefante) – A Londra un’inferiorità impressionante a livello di fisico, corsa, gioco e approccio psicologico. Non basta l’alibi assenze…
LA GAZZETTA DELLO SPORT (A. Elefante) – A White Hart Lane non è stata la disfatta più abrasiva della stagione dell’Inter. Non lo è stata perché, come riporta la Gazzetta dello Sport, il Tottenham di oggi non sfigurerebbe neanche in Champions League; dunque perché a Siena e a Firenze, tanto per dire, i rovesci nerazzurri erano stati ancor più eclatanti, considerando target dell’avversaria e armi a disposizione. Però, c’è poco da fare, l’altro ieri è stata una disfatta. Ora che il congedo dall’Europa pare dietro l’angolo, l’Inter potrà concentrarsi esclusivamente sulla corsa al terzo posto, ma il tempo non basterà, senza una solidità diversa: quella che è mancata a Londra. Quella che sarebbe servita per evitare un crollo che ha avuto principalmente quattro matrici. L’approccio psicologico. Dopo 6′ Handanovic era già costretto ad allargare le braccia, dopo 18′ l’Inter era già sotto di due gol e aveva rischiato di prenderne un terzo. Un’Inter troppo molle, impotente, quasi rassegnata ad un epilogo che si poteva mettere in preventivo, ma non dare per scontato. Risorse limitate. Gli infortuni hanno penalizzato la rosa in termini di numeri e anche di importanza degli assenti e la lista Europa League, di conseguenza, è stata fortemente condizionata. Basterebbe pensare ai dieci assenti, per dire dell’emergenza con cui è stata affrontata una delle squadre più in forma d’Europa. Differenza di peso. Ciò che giovedì sera è parso subito evidente è stata la differenza di passo, di corsa, di atletismo, di chili fra Tottenham e Inter, fattore che ha inciso molto sul bilancio dei duelli personali, soprattutto nelle zone di campo dove si è decisa la partita. E’ sembrata una sfida quasi impari. Questione tattica. Il 4-2-3-1 iniziale ha finito per soffrire in mezzo e sulle fasce, dunque ha perso praticamente subito il suo motivo di essere. Il momento migliore è stato con il 4-1-4-1, a posteriori il sistema forse più indicato per arginare meglio il Tottenham. Ma poi, per tentare di recuperare, è diventata una strada quasi obbligata il 4-3-3, che non ha sofferto meno non potendo prescindere da un rendimento incisivo di Alvarez (che non c’è stato) e da una maggiore pericolosità di Cassano. Ma anche questo problema è noto, si chiama coperta corta.