PRADE’: “OSVALDO è forte, ma la ROMA non rafforza le concorrenti. Io alla LAZIO? Mai”

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IL CORRIERE DELLO SPORT – Daniele Pradè, un pezzo di Roma in quel di Firenze. L’ex dirigente giallorosso si racconta a 360 gradi.

Questa è una squadra nuova, che lei ha assemblato, a cominciare dal tecnico, uno dei migliori…
«Ne sono convinto».

Sente la paternità di questa squadra? 
«Devo fare una premessa importantissima: nella Fiorentina si lavora come in un gruppo. La famiglia Della Valle è molto presente: quando mi hanno chiamato il 22 maggio mi hanno chiesto una sola cosa: faccia giocare bene la Fiorentina. Non ci hanno chiesto di vincere o di arrivare in Europa, mi hanno detto: prenda giocatori che sappiano giocare a calcio. E da lì è partita questa rivoluzione che ha portato a 24 calciatori in entrata e una ventina in uscita, tra agosto e gennaio».

Cambiamento totale.
«Dell’anno scorso sono rimasti Neto, Pasqual, Jovetic, Ljiaic e Romulo. E’ una squadra che sento fortemente mia, condivisa con chi ha lavorato con me, come Eduardo Macià e l’allenatore, coinvolto in ogni scelta».

Come è il rapporto con Montella?
«Molto forte, parte dieci anni fa quando lui era giocatore e io dirigente nella Roma. Lui ce l’aveva dna, il ruolo di allenatore: era uno che ha studiato, si è voluto migliorare, ha fatto subito il corso da allenatore, l’ha vissuto assieme a me e a Bruno Conti. Ha un percorso mentale molto simile a quello di Guardiola, ricordo che nel 2003 pensava a un miglioramento culturale, in economia, chiedeva informazioni di corsi alla Luiss. Ma ora è diverso, i giocatori non sono più ignoranti, si può parlare di economia, di tutto, sono di un altro livello».

Nella sua Roma chi c’era di questo livello?
«Damiano Tommasi, Tonetto. Ma se dovessi indicare uno della Roma di adesso, ci metto un attimo a indicare Perrotta».

Montella è un duro o un freddo?
«E’ uno deciso, non è ancora malleabile al punto giusto».

Quali novità ha portato Montella nel calcio, a partire dai sistemi di allenamento.
«La sua forza è la compattezza con il suo staff, sono otto persone che lavorano sul campo. Si lavora sempre con la palla, non c’è mai una situazione a secco, cioè solo sulla parte fisica. Non c’è un peso all’interno dei loro allenamenti».

Modello Barcellona.
«Sì, proprio così, come in Portogallo e Spagna. Allenamenti intensi, non lunghissimi, che durano un’ora e un quarto ma non c’è mai una pausa».

Una pecca, però, è che a volte la squadra cede come mentalità.
«Sono d’accordo, ne parliamo costantemente perché da quelle sconfitte nascono le cose per migliorarsi. Abbiamo perso a Bologna in un modo e poi siamo stati capaci di gestire l’ultimo quarto d’ora con il Chievo, dopo che siamo passati in vantaggio, meglio di come avevamo fatto nel resto del campionato».

L’obiettivo di questa Fiorentina qual è?
«Era rifondare, ora dobbiamo giocare partita per partita e non pensare che debba essere una stagione di transizione ma arrivare a qualcosa. L’obiettivo è puntare, in futuro, a qualcosa di bello, perché senza sogni non si va da nessuna parte».

Una domanda delicata…
«Nessun problema, fate qualsiasi domanda».

Jovetic: Della Valle gli ha promesso l’anno scorso che a fine giugno gli avrebbe dato, eventualmente, il via libera. 
«Sì, confermo, la decisione sul suo futuro verrà presa insieme, a giugno. L’anno scorso è stato tenuto fortemente da Andrea Della Valle, che gli ha fatto una promessa e lui è uno che le mantiene».

Come finirà?
«Dipende da come finirà la Fiorentina».

Dovesse arrivare in Champions… 
«Cambierebbe il percorso di tante situazioni».

Ma qualora il giocatore decidesse di interrompere il rapporto, lei cosa direbbe?
«Si sta bene insieme se tutti e due si vuole la stessa cosa».

Rapporti con la Juve? 
«Non sono stato più autorizzato dalla proprietà a riaprire i contatti».

In ogni caso, lo vendereste anche in Italia? 
«Preferiamo all’estero».

Molto chiaro.
«Ma noi non abbiamo la necessità di vendere, la cosa importante è che dico è che se dovessimo vendere Jovetic non ci faremmo trovare impreparati».

Osvaldo?
«E’ un giocatore forte, ma perché la Roma dovrebbe rinforzare una diretta concorrente? Perché il nostro obiettivo è di dare fastidio alle grandi nel prossimo campionato».

Se pensa a un futuro lontano da Firenze, il suo sogno professionale qual è? Tornare alla Roma?
«No, è lavorare in Inghilterra. Prima di approdare alla Fiorentina, sono stato a un passo da una società di Premier».

Quale? 
«Il Tottenham».

La chiamasse Lotito alla Lazio, lei come ex romanista ci andrebbe? 
«E’ vero che sono un professionista, ma ci sono scelte che non potresti fare, non sarebbe corretto che lavorassi nella Lazio, così come qualcuno che lavorasse nella Lazio andasse alla Roma».

Tornando a Montella, possiamo dire che è rinata una nuova scuola di allenatori?
«Qualsiasi nostro allenatore vada all’estero sarà sempre un grande successo. Conte è bravo, Allegri sta facendo benissimo, Mazzarri ha costruito il Napoli, Maran è un altro. Ma a me piace anche questo qui (indica la prima pagina dell’edizione romana Corriere dello Sport, ndr), Petkovic, è un allenatore veramente bravo».

Tutti bravi, ma in Europa non vinciamo quanto dovremmo. 
«Ve lo spiego subito perché».

Colpa dei club?
«Juve e Milan sono soltanto al sesto settimo posto come bilancio in Europa. Il Bayern ha una forza incredibile: dare 8 milioni a stagione a Guardiola… non c’è gara. Ci sono troppe differenze».

La forbice, in Europa, si sta allargando? 
«Sì».

Nonostante il fair play finanziario.
«Il fair play può essere una vittoria, ma in realtà ci sono squadre che fanno cose all’opposto. Noi abbiamo un monte ingaggi di 38 milioni, altre di 110, in Europa non ne parliamo. Un giorno Platini dovrà spiegarcela bene».

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