LA GAZZETTA DELLO SPORT – Il tecnico, debuttante in Serie A e pallavolista mancato, ci crede: «Questa squadra mi segue»
RASSEGNA STAMPA – Rolando Maran, allenatore felice di una città che sogna, debuttante in A, si presenta così. Intervistato dalla Gazzetta dello Sport ha detto: «Sono nato 50 anni fa a Trento in una famiglia di operai, fatta di persone perbene, capaci di tirar su 3 figli nel migliore dei modi. Io sono il più piccolo, i 2 grandi Lino e Florio, hanno 13 e 10 anni più di me, vivono a Trento e portano avanti l’attività che aveva avviato papà Rino, scomparso 8 anni fa. Lavorano nel settore edile, si occupano di pittura e rivestimenti e questa sarebbe stata la mia strada. La passione per il pallone l’ho presa per forza, a casa seguivano qualunque cosa tondeggiante che rotolasse. Milanista come tutti in famiglia, tifoso di Rivera. Anche i miei fratelli hanno provato, il secondo fa il selezionatore del Trentino. Ho 2 figli, Elena e Gianluca che gioca nella Primavera del Catania, ma io faccio solo il padre».
Chi è l’uomo del suo destino? «Ciccio Franzoi, il mio primo allenatore negli Allievi del Trento: a lui devo tutto».
Difensore senza troppa gloria, è così?
«Inizialmente stopper ma per fortuna il passaggio alla zona mi ha dato più libertà di movimento. Sono arrivato in B».
L’attaccante più importante che ha affrontato?
«Ricordo una partita di Coppa Italia al Delle Alpi contro la Juve di Vialli, Baggio e Del Piero, giocavo nel Chievo. Appena promossi in B, in panchina c’era Malesani. Finì 0-0, al ritorno non giocai perché ero squalificato e ci eliminarono». Ride divertito.
Legrottaglie lascia il segno.
«Ho parlato spesso con Nicola e trovo meritorio il progetto che porta avanti con Missione Paradiso. Credo ma Dio lo sto ancora cercando».
A Catania cosa ha trovato?
«Il massimo: un club modello e una squadra che mi segue».
Europa: sogno o possibilità?
«La seconda».
Da 1 a 10 quante probabilità?
«Dico 10 perché un’occasione così non si deve perdere».