DOPING. FAHEY: «Calcio, ora fai luce»

LA GAZZETTA DELLO SPORT – Fahey, presidente Wada: «E’ la sola strada per avere trasparenza. Blatter ha detto che ci sarà il passaporto biologico al Mondiale 2014»

(getty images)
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RASSEGNA STAMPA – La strada da percorrere è ancora lunghissima, ma il calcio non era mai stato messo all’angolo sulla questione-doping come è avvenuto ieri, in un albergo londinese, a pochi metri dalle piste dell’aeroporto di Heathrow, dove si è svolto un simposio della Wada, l’agenzia mondiale anti-doping. Tra Operacion Puerto, Lance Armstrong e caso-Australia, è piombata la questione del calcio, aperta in qualche modo in Spagna dalla vicenda Real Sociedad. Una goccia nel mare, perché ci sono altri mondi reali da perlustrare, ma l’allarme lanciato dal presidente, il neozelandese John Fahey, e dal direttore generale, David Howman, ha compiuto subito il giro del mondo. Domani Fahey incontrerà Sepp Blatter, numero uno della Fifa: le dichiarazioni di Londra sono solo l’antipasto di questo summit. La Gazzetta dello Sport ha parlato con Fahey in un’intervista one to one. Eccone uno stralcio:

Presidente Fahey, l’allenatore francese dell’Arsenal, Arsene Wenger, ha detto che nel calcio si lavora poco per combattere il doping.
«Ha ragione. Un giocatore può trascorrere molti anni senza essere controllato. C’è un problema generale degli sport di squadra, ma sicuramente il calcio è uno di quelli più in ritardo. Se si vuole fare qualcosa, non è impossibile. Negli Stati Uniti, per esempio, il baseball ha compiuto passi in avanti».

Qual è la maggior preoccupazione?
«L’Epo. Se si continua a effettuare solo il test delle urine, e non quello sul sangue, significa che non si vuole affrontare il problema Epo. Non cercare di smascherare l’uso dell’Epo nel calcio è una tragedia».

La strada da seguire?
«Il passaporto biologico. Diverse federazioni lo hanno adottato, ma non tutte. Il calcio è tra queste. Il presidente Blatter mi ha garantito che ai Mondiali 2014 in Brasile sarà introdotto il passaporto biologico. E’ lo strumento più efficace. Ha un costo, ma se si vuole combattere il doping in modo concreto bisogna spendere denaro. Meglio controlli più limitati, ma di qualità, piuttosto che investire in test consistenti dal punto di vista numerico, ma antiquati».

Quanto è importante il sostegno dei governi all’attività della Wada?
«E’ fondamentale e il fatto che 193 Paesi abbiano rapporti con la Wada è un dato rilevante. Ma la prima risposta deve arrivare all’interno del sistema. Lo sport deve combattere gli imbroglioni. La Wada darà sempre il massimo, nella consapevolezza che la nostra è una corsa in salita.Non credo che riusciremo mai a debellare il doping completamente, ma possiamo arginarlo».

Qual è la posizione della Wada sul caso Cipollini?
«Stiamo vivendo un momento di particolare intensità perché in un mese abbiamo dovuto affrontare la questione-Armstrong, il processo in corso in Spagna e gli ultimi report sull’Australia. La Wada segue tutto. E apprezziamo gli sforzi dell’Italia per far luce sul presente e sul passato».

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