LA GAZZETTA DELLO SPORT – Il ghanese, preso di mira dai cori con Muntari e Niang, sbotta. Gara sospesa dopo 26′. Allegri e Barbara dettano la linea…
RASSEGNA STAMPA – (F. Della Valle) – Doveva essere soltanto un’amichevole e un pomeriggio di festa, invece verrà ricordato come il nostro giorno zero nella lotta al razzismo. Il calcio in Italia per la prima volta si è fermato, ha voltato le spalle a chi predica l’inciviltà e l’intolleranza. E’ successo a Busto Arsizio, durante un test tra il Milan e la Pro Patria. Una big contro una squadra di Seconda Divisione. Peccato che il solito gruppetto di imbecilli abbia deciso di rovinarlo prendendosela con i milanisti di colore. I soliti buu, gli insopportabili ululati che ancora risuonano nei nostri stadi. Di fronte alla scelta dell’arbitro di non intervenire, è stato il Milan a dire basta: dopo 26 minuti Boateng e tutti gli altri giocatori hanno abbandonato il campo e non sono più rientrati. Una lezione per tutti, per chi ha rovinato la giornata di tante persone normali e per chi continua a sottovalutare un male ancora ben radicato nella nostra società. La città di Busto si era preparata al meglio per accogliere il Milan: 1.800 biglietti venduti, più di 2 mila spettatori allo stadio ‘Speroni’. Tutti vogliono vedere El Shaarawy e Boateng, ma c’è anche chi è venuto per fare altro. Dalla curva della Pro Patria partono subito i primi buu. Dei quattro neri in campo il più bersagliato è Boateng (cori anche contro la fidanzata Melissa Satta), che transita a sinistra, ma pure Niang e Muntari vengono beccati. Un po’ meno Emanuelson, che è sull’altra fascia. Anche El Shaarawy è sotto tiro (pare non siano piaciute alcune sue dichiarazioni). Boateng chiede ai tifosi di smetterla, Muntari si porta la mano alla testa come a dire: ‘Ma siete matti?’. Allegri e i giocatori più volte chiedono all’arbitro Benassi e ai suoi assistenti di interrompere la partita, ma lui non prende provvedimenti. Così, dopo l’ennesimo ululato Boateng ferma il pallone e lo calcia con violenza contro quei tifosi (una quarantina in tutto), colpendo la balaustra. Poi si toglie la maglia e se ne va, applaudendo ironicamente chi l’ha fischiato. A quel punto entra in campo Ambrosini (che era in panchina) e invita i suoi a lasciare il campo. La partita è interrotta, quasi tutto lo stadio applaude i giocatori per dissociarsi dai buu razzisti. Poi alcuni giocatori della Pro Patria rientrano in campo e vanno a parlare con gli ultrà. Pochi minuti dopo lo speaker annuncia che la partita riprenderà, ma verrà sospesa al primo coro razzista. E invece no: tutti i tentativi della Pro Patria e della dirigenza del Milan di convincere i rossoneri a tornare in campo cadono nel vuoto. Boateng, Niang e Muntari sono i più provati e non vogliono saperne, i compagni sono tutti solidali con loro e non cambiano idea. “Busto è una cittadina civile — ha scritto il Milan sul suo sito — ma i buu piccoli piccoli di oggi non potevano restare impuniti”. “Siamo dispiaciuti e amareggiati per quello che è successo — ha detto Allegri —, ma era giusto smettere di giocare per rispetto verso tutti i giocatori di colore. Bisogna smetterla con questi gesti incivili, maleducati e poco intelligenti. L’Italia deve crescere. Ci spiace per le famiglie e i bambini che erano venuti qui e anche per la Pro Patria, abbiamo promesso che torneremo ma dovevamo dare un segnale forte. Spero che questo serva da esempio e abbia un seguito anche in campionato“. “Serve tolleranza zero per episodi come questo — ha aggiunto Barbara Berlusconi — le partite vanno sospese subito, anche in campionato. È un episodio inqualificabile. È stato giusto aver lasciato il campo. Non si può far sempre finta di non vedere e non sentire”. Per una volta il calcio in Italia si è fermato. Sarebbe bello se la prossima volta non ce ne fosse nemmeno bisogno.