LA GAZZETTA DELLO SPORT – L’olandese stasera in tribuna: nel novembre ’92 i quattro gol al Goteborg. Un fuoriclasse che col Milan ha vinto tutto, inclusi tre Palloni d’oro…
RASSEGNA STAMPA – (G. Bovolenta) – Stasera c’è la Juve e Van Basten è in tribuna con Galliani. Vent’anni fa, 25 novembre 1992, il Cigno, il più grande centravanti dei tempi moderni, segna i suoi ultimi gol a San Siro. È un grande addio, alla Van Basten. Si gioca Milan-Goteborg, Champions League, girone di semifinale. Il Milan non brilla. Manca Maldini e Massaro fa il terzino. Il capitano Baresi annaspa. Tassotti cincischia. Non bene. Poi il cambio di velocità: Van Basten dopo un ‘ricamo’ con Papin, segna un gol da applausi. La partita cambia pelle, il portiere svedese Ravelli cambia umore. Il Milan di Capello sembra quasi il Milan di Sacchi: tattica ferrea, determinazione, lucidità e collettivo. E lui: Van Basten. Segna altri tre gol, un rigore con il saltello incorporato, specialità della casa. Una rovesciata splendida, alla Van Basten. Una deliziosa veronica. Ovviamente anche quella alla Van Basten. Quattro a zero, quattro gol, una notte piena di applausi. Il titolo della Gazzetta: “Accademia Van Basten”. Maradei, commentatore del nostro giornale, dalla tribuna stampa detta a braccio le pagelle. Van Basten 9. Motivazione: “Prodigiosa prestazione. Non finisce più di stupire, non si sa dove possa arrivare. Due gol da antologia e altri due di pura routine, ma solo per uno come lui. Non ci sono più parole!”. Non le trova nemmeno Capello, che scuote la testa e ripete: “Ma cosa ha fatto!”. Ne trova poche lo stesso Marco, che sorride e sussurra: “Disciamoscelo, ho fatto una buona partita e buoni gol”. Saranno gli ultimi gol dentro il tempio e in Champions. Quattro giorni dopo il Milan gioca a Torino contro la Juventus e vince uno a zero. Van Basten c’è, ma segna un altro Marco, il giovane Simone. Poi il Marco olandese sente nuovi dolori alla caviglia e si ferma. Non si fermano i giurati di France Football, che gli assegnano il Pallone d’Oro, il terzo. Il 1992 di Marco è breve, ma intenso e strepitoso. Alcuni giorni prima dei quattro gol in Champions ne segna quattro anche al Napoli, al San Paolo. La partenza del secondo anno targato Capello, con lo scudetto sul petto e Van Basten capocannoniere (25 reti) in carica, è travolgente. Alla seconda giornata fa tre gol a Pescara. Premiano Van Basten a Parigi il 19 dicembre, il giorno in cui Gianni Brera se ne va per sempre. La mattina dopo è a St. Moritz con la sua caviglia gonfia. Lo aspetta un professorone, il più bravo (dicono) del mondo. Marco è operato per la quarta volta. Lo incoraggiano: tornerai a giocare. Torna male, dopo quattro mesi, segna il suo ultimo gol in Italia, ad Ancona. Poi si ferma. Lascia a 29 anni, dopo sette operazioni. La Gazzetta scrive: “Ma dove troveremo un altro così?”. L’uomo che segnava in tutti i modi e che nessuno schema, nessuna diagonale, nessuna ripartenza avrebbe mai potuto imprigionare, saluta il nostro calcio in una notte d’estate del 1995, a San Siro, prima di un Milan-Juventus del Trofeo Berlusconi. La gente canta e piange. “Marcovanbasten/c’è solo Marcovanbasten”. Il freddo Cigno stavolta si commuove. Non l’aveva fatto in nessuna delle sue meravigliose finali, piene di gol e di trionfi. Sorriso dolce, parole semplici e normali.