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BOXE. Camacho, l’epilogo di un campione esagerato

IL CORRIERE DELLA SERA – Per l’ex pugile è stata dichiarata la morte cerebrale, ora i familiari dovranno decidere se staccare la spina

(getty images)

 

La «morte cerebrale» di Hector Macho Camacho è stata annunciata ieri dal dottor Ernesto Torres, direttore del Centro Medico di Roo Piedras, dove l’ex pugile è ricoverato per aver ricevuto un colpo di pistola al volto. Ora i familiari decideranno se staccare il respiratore che lo tiene in vita. L e vite degli altri sono sempre discutibili, ma quella di Hector «Macho» Camacho è stata, nel suo piccolo, l’esistenza-simbolo di un pugilato da cartolina, furioso e cattivo, scenografico ed esagerato, disperato e ribelle. Uno che, come riporta l’articolo odierno del Corriere della Sera, nasce a Portorico, cresce nelle baby-gang di New York e si dedica alla boxe sa già di imboccare una strada difficile e scivolosa, piena di curve e rischi. Già dal soprannome, Camacho intendeva imporre la sua figura di uomo senza paura, al di là di quel viso vagamente effeminato che un folle sparatore ha devastato con un proiettile. Si dice sempre, in questi casi, che doveva finire così. Perché il lato oscuro di una vita appassionata ma sempre sul filo del rasoio aveva fatto di Camacho un naturale candidato all’epilogo violento. Come Mike Tyson, che però sembra aver raddrizzato l’esistenza in tempo utile, ma dal quale ci si aspetta sempre il peggio. E come tanti altri, da Sonny Liston in qua, traditi da amicizie pericolose e spesso fatali.

Redazione Sportiva