LA GAZZETTA DELLO SPORT – Tris Barcellona a Mosca: è primo con un turno d’anticipo. Apre Dani Alves, poi si scatena Leo: doppietta e 80 gol nel 2012…
RASSEGNA STAMPA – (F. Licari) – 0-3 per i catalani, subito agli ottavi e aritmeticamente primi, e senza le parate del povero Dykan sarebbe finita anche peggio. Poi, inevitabilmente, Messi. Perché qualunque discorso tecnico s’infrange sulla classe infinita del fenomeno argentino che firma due dei tre gol e si lancia all’inseguimento di tutti i record possibili e immaginabili. Se c’è un limite umano, forse è lui che lo mostrerà. Messi è un cannibale. Messi non riposa mai. Neanche sullo 0-3, neanche quando potrebbe ricevere l’applauso della gente di Mosca così rassegnata da dedicarsi alla ‘ola’, neanche qui esce prima del 90′. Come il più fantasioso dei robot, è lui che trascina il Barça: il vantaggio dopo un quarto d’ora, gran diagonale di Alves, non basta, e allora Messi si scatena. Prima infilando Dykan che si era opposto a Iniesta (27′), poi scherzandolo tutto solo dopo un ‘buco’ di Insaurralde (36′). Partita finita qui. I gol nell’anno solare sono una follia, sono 80: nel mirino, a 5 lunghezze, c’è Gerd Muller, ma il primato del 1972 sta per crollare. E ancora: 57 reti nelle coppe europee (8° posto, superato Eusebio); 56 centri in Champions League (raggiunto Van Nistelrooy, ora c’è Raul a 71). E, chissà, quarto Pallone d’oro di fila (Platini si fermò a tre) se i giurati si convinceranno di votare il più forte, non il più vincente. Lo Spartak, però, ci mette del suo. Bello giocare aperti e senza paura, ma tenere la linea dei quattro a una trentina di metri dal portiere sa un po’ di presunzione. Suchy, il primo centrale, fa diversi miracoli in anticipo ma non basta: il Barça raccoglie la sfida e gioca come vuole e sa. Circolazione della palla, nessun riferimento (Fabregas e Iniesta sono sempre fuori dai radar), e Pedro che alto e larghissimo a destra smazza tutto il lavoro sporco e apre la già flebile cerniera russa. In più Busquets è una diga: quindi le ripartenze dello Spartak non fanno male. Invece Emery sceglie un 4-4-1-1 più coraggioso, con Jurado elastico sul mezzo sinistro, ma la mossa non funziona e lascia i reparti troppo larghi: il palleggio per un po’ illude, ma solo un po’, e il solito 64 per cento nel possesso palla, per una volta, spiega parecchie cose. Se poi Emenike, straordinario al Camp Nou, si mangia l’unica occasione – sarebbe stato il 2-1 – il più è fatto. Comunque è chiaro: il Barça non si sfida così.