SERIE A. LAZIO-ROMA. DERBY folle. Blackout, pugno di DE ROSSI, diluvio d’errori e gol: ZEMAN k.o.

LA GAZZETTA DELLO SPORT – Roma avanti con Lamela, replicano Candreva e Klose, poi il vice capitano si fa cacciare: per i giallorossi è buio. Rete di Mauri, ma per poco non finisce 3-3…

(getty images)

RASSEGNA STAMPA – Tuoni, fulmini, saette e mini blackout. E poi secchiate d’acqua, di emozioni, di errori e di orrori. È il derby della Capitale, bello e maledetto. Lo vince la Lazio perché ha i nervi più saldi e commette meno sciaguratezze. Su tutte, quella che spacca il match più di un Hernanes sontuoso: il pugno con cui De Rossi stende Mauri ponendo fine alla propria partita con un tempo d’anticipo. Si è già sul 2-1 per la Lazio di rincorsa, dal gol di Lamela a quelli di Candreva con paperissima di Goicoechea e di Klose, e rimettere in piedi il derby diventa un’impresa impossibile. La Roma ci va vicino, pur regalando a Mauri (grazie a Piris) anche il 3-1 all’inizio della ripresa: la palla del 3-3, dopo la punizione da metà campo di Pjanic, la papera stavolta di Marchetti e la sopraggiunta (fiscale) espulsione di Mauri, finisce sui piedi di Osvaldo e Marquinho in pieno recupero. Ma i due si ostacolano, ne esce un tiro molle e pure impreciso e la Lazio porta a casa il 3-2. Messi insieme tutti gli elementi del puzzle, è giusto così. De Rossi non è nuovo a vivere troppo sopra le righe il derby. Figurarsi al termine di una settimana che lo ha visto protagonista tra questioni di mercato (il Baldini che lo dichiara cedibile), battutine di Zeman che lo osserva allenarsi di più e stucchevoli questioni tattiche, centrale o intermedio, di cui si discute da mesi. Schierato in mezzo, come piace a lui, De Rossi comincia bene come tutta la Roma ma si capisce subito, dalle entrate che fa su un campo presto fradicio di pioggia, che ha troppa adrenalina in corpo. La telecamera lo scova dopo che la Roma ha completato il suicidio, dalla grottesca non-parata di Goicoechea sulla punizione di Candreva al gol del sorpasso di Klose con slalom di Hernanes e dormita generale di centrocampo e difesa: gli si legge sul viso (e sul labiale) che l’implosione è vicinissima. Detto fatto, il gancio sinistro al volto di Mauri per il quale basta l’arbitro Rocchi e non c’è bisogno della prova tv. Per uno alle soglie dei 30 anni, un errore imperdonabile: la successiva esclusione di Prandelli dalla Nazionale è un’ovvia conseguenza. Il campo imbevuto d’acqua tiene bene, ma le trappole sono disseminate un po’ ovunque. La Lazio le aggira con un modello di gioco semplice: difesa bloccata, palla a Ledesma e lancio lungo che cerca la pozza o il rimbalzo giusto per Klose, Candreva e Mauri che si scambiano le corsie esterne. In alternativa, i coast to coast di Hernanes che da buon Profeta sull’acqua sembra camminare, anzi correre, senza che Bradley riesca a stargli dietro. Per contro, la Roma parte benissimo, segna sul primo corner di testa con Lamela che si aiuta un po’ ma non troppo per spostare l’ingenuo Lulic, ma non appena si aprono le cateratte si perde: ricerca costante e a quel punto inopportuna del fraseggio stretto, difesa comunque alta, inadattabilità di taluni comprimari (Balzaretti, Piris) a cavarsela sul terreno pesante. Un handicap che finirà col pagare presto anche TottiZeman alla Roma di sempre, che torna ad avere la peggior difesa di A pur avendo giocato una partita in meno, a Cagliari. Sei volte in vantaggio nei primi 20 minuti, quattro di queste (con Bologna, Udinese, Parma e Lazio) puntualmente sconfitta. Petkovic coerente al proprio pragmatismo, squadra compatta, concentrata e riposata Poco convincente, sull’uno e l’altro fronte, la gestione dei cambi: Zeman toglie l’incolpevole Lamela (per Tachtsidis) causa inferiorità numerica e poi aggiunge Marquinho (per Florenzi) e troppo tardi Pjanic per Totti, e finire con Piris e Balzaretti entrambi in campo fa davvero uno strano effetto. Prima Radu, poi Brocchi (per Hernanes, che eresia!) e poi Cana, Petkovic si copre troppo e alla fine rischia grosso. Ma il primo derby, che non è una partita come le altre, è ugualmente suo.

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