LA GAZZETTA DELLO SPORT- Dal classico 4-3-3 in poi, variazioni spesso basate sulla forma degli uomini, ma inefficaci. Contro il Chievo c’e da decidere fra doppio mediano e difesa a tre
I cambiamenti di assetto tentati da Massimiliano Allegri non sempre sono stati efficaci. E pensare che l’allenatore del Milan fino a pochi mesi fa era considerato troppo rigido nelle sue convinzioni, refrattario a provare sistemi di gioco diversi dal 4-3-1-2 dello scudetto. Nella sua nuova veste di fachiro della panchina, Allegri non si è fatto mancare niente. E ha continuato a fare esperimenti camminando sui chiodi della critica, mentre i risultati spesso sfuggivano. L’anno zero del Milan, così denominato dopo le cessioni vip, è cominciato con un ritorno alle origini di Allegri: il 4-3-3 e variazioni sul tema (4-3-1-2, una volta 4-3-2-1). Con questo sistema il Milan ha giocato sette partite, compreso il pareggio con l’Anderlecht che più di altri risultati ha scontentato il pubblico. Poi è cominciata la litania dei numeri e degli spostamenti: difesa a tre, centrocampo più o meno folto, doppio mediano. Nella giungla dei numeri Allegri si è perso, e i giocatori a volte si sono confusi. Il primo tempo di Palermo, giocato con un 3-5-2 ultradifensivo che ha irritato Galliani e Berlusconi, è l’ultima estrazione di una tombola che il tecnico considerava interrotta la settimana precedente. Perché, prima della partita con il Genoa, Allegri era stato chiaro: «Ho scelto la difesa a tre, ho scelto il 3-4-3 e non cambio più».