LA GAZZETTA DELLO SPORT – Le milanesi sono a 7 partite senza successi sul loro campo. Il Rubin va due volte in vantaggio: nerazzurri ancora confusi…
RASSEGNA STAMPA – (A. Elefante) – Siamo a sette partite delle milanesi sul nuovo prato del Meazza senza vittorie. Ma ci sono altri numeri e riguardano solo le contraddizioni dell’Inter quando gioca nel suo fortino. Perché lì dentro per la quarta volta su quattro è andata sotto. Lì dentro quest’anno si è già fatta segnare 9 gol. Lì dentro in Europa conta gol nella sua porta da nove partite. Lì dentro con Stramaccioni prende almeno un gol da otto gare: il problema è che l’anno scorso vinceva e basta, quest’anno non è ancora riuscita a farlo. Pure ieri sera non ha perso, pareggiando al 2′ di recupero, e meritandolo anche: segno che è viva, e niente non è. Però fatica ancora troppo a trovare la continuità. Se così fosse stato, avrebbe vinto la partita prima di rischiare di perderla, quando finalmente era riuscita a prenderla in mano, togliendo se non altro metri di campo e sicurezze al Rubin Kazan. Se così fosse stato, non avrebbe vissuto 20′ da incubo, i primi, marchiati definitivamente dall’assurdo fallo in area di Jonathan che aveva reso concreto, con il rigore successivo, l’assoluto dominio del Rubin Kazan. L’avversaria più temibile del girone, e questo si sapeva, ma velenosa forse ancor più di quanto immaginato nel suo 4-4-2 extracompatto, ma con facoltà di distendersi in un 4-2-3-1 molto equilibrato. Squadra cortissima e strettissima: con Bocchetti centrale, sì, ma reinventato a centrocampo, sei e a volte sette uomini in pressing contemporaneo, gran lavoro di Rondon come centravanti d’appoggio e ripartenze micidiali. Ma era stata anzitutto l’Inter a presentare la brutta copia di se stessa: un’altra squadra rispetto a quella con idee chiare e autorevolezza di domenica a Torino. Confusa e troppo spesso portata a correre a vuoto, schiacciata su se stessa, senza riuscire ad aprirsi sulle fasce: pochissimo palleggio, troppi singoli sotto rendimento. Cassano, il primo – e l’unico nel primo tempo – capace di accendere un po’ di luce su quel grigiore. E anche prima di illuminare la strada a Cambiasso, padre dell’assist per l’1-1 di Livaja. Ma non è bastato a trasformare la supremazia in effettiva superiorità, neanche quando il Rubin ha perso un po’ dell’intensità del primo tempo e neanche quando dalla sua panchina extralusso Stramaccioni ha estratto uno dopo l’altro Guarin, Milito e Pereira. È mancato il lampo di fantasia, è mancata la lucidità di non farsi infilare dalla premiata ditta Eremenko-Rondon nel momento di massimo sforzo. Non è mancata l’ennesima impennata finale, che ha portato al 2-2 di Nagatomo e ha tolto al percorso europeo le sembianze di un tapis roulant già in salita. Sperando di non aver perso troppe energie in vista di Inter-Siena: perché anche queste sono le trappole dell’Europa League.