LA REPUBBLICA- (E. Gamba) Rigore netto per i bianconeri ma l’arbitro Valeri sbaglia a espellere il portiere. Trasforma Vidal, poi Vucinic e la doppietta del fantasista. Carrera si arrabbia per il gol di Lazzari…
RASSEGNA STAMPA – (E. Gamba) Di questa partita resteranno l’eco ormai smorzata delle polemiche, i punti che la Juve mette in saccoccia già allungando la sua minacciosa ombra sul campionato, i gol con cui Giovinco comincia a dare un senso alla fiducia smisurata che gli è stata concessa. Capire invece cosa ne sarà delle squadre di Guidolin e Conte è praticamente impossibile, perché la gara è durata un amen ed è finita quando l’arbitro Valeri, su imbeccata del giudice d’area Rizzoli, ha fischiato rigore per la Juve ed espulso Brkic. È meglio togliersi il dente e decrittare subito il fatto: il rigore è sacrosanto, ma addosso al portiere dell’Udinese Giovinco — lanciato d a una cinematografica invenzione di Pirlo — ci è finito perché spinto alle spalle da Danilo. Dunque il cartellino rosso è stato un errore ed è stato quello, più che il gol dal dischetto da Vidal, a segnare la storia del pomeriggio. Anzi, a chiuderla lì. Si è trattato comunque di un caso di difficilissima lettura e stavolta il proliferare di arbitri a bordo campo (siamo ormai al quarto episodiochiave segnalato da un giudice d’area in tre partite juventine) non ha agevolato le decisioni: Valeri era lontanissimo e Rizzoli coperto dalla mole di Brkic, che oscurava tutti gli altri a cominciare dal minuscolo Giovinco. Si è andati a intuito, probabilmente. E si tratta di un errore, non di uno scandalo: può succedere, anche se la civilissima Udine si è indignata come raramente le capita.
La partita è finita lì, dunque. La resa udinese è stata di conseguenza inevitabile, anche se la pietra definitiva sopra il risultato non l’ha messa Valeri ma Vucinic, con il suo gol nel recupero del primo tempo. Esecuzione pregevole, di destro, dal limite, ma dopo un liscio sesquipedale dell’habitué Armero, ormai una rovina per la sua stessa squadra. Per giunta, l’Udinese ha regalato pure il terzo gol (papera di Padelli sul sinistro di Marchisio, tap in di Giovinco) e ha contribuito anche al quarto, perché il portiere friulano ha servito a Pirlo la palla poi puntualmente distribuita alla Formica per il 4-0. La Juve ha approfittato di questi favori, come è giusto che fosse, impacchettandoli in una prestazione lucida e tenace, con rare sbavature se non nel finale, quando un paio di pasticci (Barzagli, Lichtsteiner) hanno consentito a Lazzari di segnare. Conte, per interposto Carrera, si è arrabbiato molto («Dobbiamo capire che le partite vanno giocate fino all’ultimo, questo gol l’anno scorso non l’avremmo preso») ma è stato davvero l’unico esempio di rilassatezza in una gara altrimenti
pilotata con controllo totale, se non proprio dominata. Guidolin si è dannato cambiando uomini, posizioni e moduli (3-5-1, 4-2-3, 3-4-1-1), ma la Juve lo ha sempre ridotto all’impotenza perché è superiore per classe, personalità, maturità e lo sarebbe stata anche in parità numerica. Di buono, per Conte e Carrera, ci sono stati i gol degli attaccanti, in genere non così copiosi. La coppia Vucinic-Giovinco ha davvero funzionato per la prima volta, premiando l’insistenza degli allenatori nella formula senza centravanti,
scelta forse più per sfiducia in Matri e Quagliarella che per fiducia nel tandem di fantasisti. «Sono i due che rispondono meglio a quello che chiediamo agli attaccanti », l’ha spiegata Carrera, però particolarmente duro con Vucinic: «Ha un grande talento, ma deve capire che bisogna darsi da fare anche quando non si ha la palla. Deve alzare il livello di cattiveria agonistica». Se i problemi sono questi, è un gran bel vivere: Vucinic magari non si fa il mazzo, però fa la differenza.