LONDRA 2012: SCHWAZER: «Da solo ho comprato doping su Internet. La mia vita è finita»

GAZZETTA DELLO SPORT- «Ho preso questa disgraziata iniziativa a metà luglio, quello che ho fatto prima è stato tutto a pane e acqua»

(Getty Images)

 

La chiamata di Schwazer arriva dopo vari tentativi di raggiungerlo telefonicamente a Oberstdorf, la cittadina in Baviera dove abitualmente si allena Carolina Kostner […] Alex pareva aver trovato motivazioni e condizione, si dichiarava ottimista sulle possibilità olimpiche, puntava all’oro sulla 50 chilometri e, senza confessarlo, anche ad una medaglia sulla 20 chilometri. La notizia a Londra è esplosa come una bomba fra l’incredulità generale. Si parlava di un atleta azzurro non ancora arrivato nella capitale britannica, poi il nome di Schwazer. Sino ad un secondo prima il suo telefono era sistematicamente occupato. Ecco la conversazione choc che riporta la Gazzetta dello Sport: «Pronto? Sono Alex. So perché mi ha cercato. E’ tutto vero, ma è solo colpa mia, solo mia, nessuno ne sapeva niente, neppure Carolina, la mia fidanzata, neppure il mio allenatore Michele Didoni, neppure la mia famiglia. La colpa è solo mia».
Schwazer, perché l’ha fatto?
«Perché volevo di più».
Di più cosa?
«Avevo davanti la 20 e la 50 chilometri olimpiche, volevo essere più forte, andare più veloce».
Abbiamo visto nei mesi scorsi allenamenti straordinari, che cosa stavamo guardando?
«No, ho preso questa disgraziata iniziativa a metà luglio, dopo aver concluso la preparazione a St. Moritz. Quello che ho fatto prima è stato tutto a pane e acqua, ve lo giuro. Vengo da due stagioni difficili, vedevo davanti la grande occasione».
Solo il 4 luglio a St. Moritz lei aveva mostrato una condizione eccezionale, non le bastava?
«Sì, andavo forte, mi sentivo pronto per vincere, ma cercavo qualcosa di più».
Quando ha assunto l’Epo?
«A metà luglio mentre mi allenavo a Oberstdorf».
Chi l’ha aiutata?
Un momento di silenzio. «Non voglio andare in prigione».
Chi le ha iniettato l’eritropoietina?
«Nessuno, l’ho fatto da solo».
Impossibile.
«No, è possibile, l’ho trovata su internet, dove era spiegato anche il modo per iniettarla».
Poi il controllo.
«Sono arrivati a Oberstdorf il 30 luglio e mi hanno chiesto un campione di urina. Da quel momento ho smesso di dormire, mi è crollato il mondo addosso, sapevo che l’avrebbero scoperta».
Si è parlato di un’influenza che l’avrebbe fermata e costretto a rinunciare alla 20 chilometri. Era una bugia?
«Sì, ma non me la sentivo di partire per Londra con questa spada di Damocle sopra la testa. La mia carriera è finita, la mia vita è finita» (il controllo fu fatto il 30 luglio, mentre l’annuncio della rinuncia è del 28: come mai questa discrepanza?, ndr).
Neppure il suo allenatore lo sapeva?
«No, gliel’ho detto al telefono dieci minuti fa».
Cosa le ha detto?
«È sconvolto, non mi crede più».
Lei si era sempre dichiarato contro il doping, aveva giurato che non era nella sua cultura. Allora perché?
«Lo scorso anno ai Mondiali di Daegu, in Sud Corea, i russi mi hanno detto in faccia che loro usano delle cose. Questo pensiero mi girava per la testa, era un tarlo».
Così pure lei ha voluto provare.
«Ho sbagliato, ho distrutto tutto quanto di buono ho fatto in questi anni, tutto cancellato. Non riesco più a guardarmi allo specchio. Avevo paura di non farcela con il solo allenamento».
La gente ha diritto di sapere cosa ha visto in quegli ultimi trionfali quattro chilometri dell’Olimpiade di Pechino, cosa ha visto quando si rivelò con il bronzo nel 2005 ai Mondiali di Helsinki e poi ancora nel 2007 a Osaka dove rivinse la stessa medaglia.
«No, in quelle occasioni ero pulitissimo, lo giuro. E’ avvenuto tutto a metà luglio».
Lei stava per arrivare a Londra con alle spalle una stagione eccezionale, il miglior tempo dell’anno al mondo sulla 20 km di Lugano a marzo e la 50 km a Dudince dove a fine marzo ha ottenuto il minimo olimpico che ancora le mancava. Tutto pulito?
«Lo giuro ancora, tutto pulito. Mi sono allenato come un matto per tutto l’inverno, ho fatto fatica, ho percorso diecimila chilometri per essere al massimo all’Olimpiade. Poi questa cazzata…».
Non le poteva bastare partecipare a Londra ad una gara sola e arrivarci pulito?
«Mi sentivo in grande condizione, con il passare dei mesi e allenamento dopo allenamento mi ero reso conto che potevo fare ambedue le gare. Sì, ho rovinato tutto, sono un cretino».
Devono ancora effettuare la controanalisi.
«Inutile farla, confesso tutto. Ho ingannato un sacco di gente, anche attorno a me, famigliari e amici che mi hanno aiutato in tutti questi anni. Ho tradito la fiducia di chi mi vuole bene. Ho vergogna a tornare a casa dai miei genitori. Non tornerò mai più a marciare, mi vergogno e basta». Si sente Schwazer singhiozzare. «Scusi, non ce la faccio più». E riattacca.

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