IL MESSAGGERO – Felicità e destino beffardo, vincere a Wimbledon quando non vale come Slam. Federer si arrende…
Assorto ad occhi socchiusi in una trance molto evocativa, lo scozzese Andy Murray alza gli occhi al cielo, si passa le mani sulla faccia pallida e pensa di getto: Dio cosa mi hai fatto, vinco finalmente sul campo stregato ma non è Wimbledon, non è il torneo, non vale per lo Slam, è “solo” l’Olimpiade. Una gioia terribile come avrebbe scritto Enzo Ferrari, una felicità enorme ma striata dentro da un destino beffardo che arrotola insieme i sogni e il tempo. Parziali dei tre set 6-2 6-1 6-4, annientato Roger Federer, proprio lo svizzero, che poche settimane fa ha battuto lo scozzese in finale a Wimbledon, ora si è preso la rivincita, netta, 3 set 0. Meglio di così non poteva andare. Dimenticate in un giorno le quattro finali Slam buttate nel fosso (US Open 2008 contro Federer, Australia 2010 contro Federer, Australia 2011 contro Djokovic e Wimbledon 2012 ancora contro Federer); e cancellata l’immagine perdente di un top player che ha giocato 29 Slam senza vincerne nemmeno mezzo. «E’ il giorno più bello della mia vita – dice infatti Murray trattenendo a stento i singhiozzi – ho vinto un oro, mi manca ancora uno Slam, ho perso tante partite crudeli nella mia carriera, ma adesso, dopo questo successo, forse posso ripartire più forte. Anche perché sul campo, con la gente che tifava per me, ho avvertito un’atmosfera incredibile che mi resterà dentro».