CALCIO. Quanti buchi nel fair play finanziario

CORRIERE DELLO SPORT – Sceicchi & C. continuano a spendere senza preoccuparsi. Crescono i dubbi: le norme sui bilanci varranno per tutti?…

(Getty Images)

L’idea è ottima. L’esecuzione lascia a desiderare. Di solito si dice quando un calciatore azzarda una raffinatezza e si dà il pallone sui denti. A Michel Platini capitava di rado quando girava in maglietta. Siamo onesti fino in fondo. Anche la realizzazione del progetto benemerito chiamato fair play finanziario in realtà è piuttosto ben riuscita. Però la materia è talmente delicata da rendere inevitabili inciampi, dimenticanze, equivoci del tipo: intanto scriviamo, poi si vedrà. Platini, dal 2007 presidente del massimo organismo calcistico europeo, era partito da due considerazioni. La prima: il calcio europeo perde ogni anno 1,5 miliardi. Altri calcoli spiegano che alla fine del 2010 i deficit combinati dei grandi club arrivavano a 8,4 miliardi. La seconda: le gerarchie consolidate avevano bisogno di una scossa e i Paesi emergenti di più spazio. Poi occorre passare dalla filosofia all’azione. Per esempio Mansour acquistando il Manchester City e il qatariota Hamad bin Jassen con il Paris Saint-Germain. E altri, forse meno ambiziosi, con il Malaga, con il Getafe. Risultato: 630 milioni spesi sul mercato dei giocatori, il Psg che versa al Milan 65 milioni per l’accoppiata Thiago Silva-Ibrahimovic e si appresta a darne 40 se non di più allo svedese, ma niente coppe europee per chi non sta in pari con il bilancio. […] Questo è solo il regolamento spiegato al popolo. “Tutti dovranno rispettare le norme”, parole di Platini, in conclusione, tutti dovranno giocare pulito con i bilanci.

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