RASSEGNA STAMPA – LA GAZZETTA DELLO SPORT – (Andrea Elefante) – Il presidente dell’Inter: “Sembra proprio che ora Balotelli abbia trovato la sua casa e la sua Patria. E per lui deve essere stata una grande conquista”…
Leggenda narra che appena arrivato all‘Inter, come molti dei nuovi nerazzurri, Mario Balotelli fosse stato ricevuto da Massimo Moratti nel suo ufficio. Che con il presidente il discorso fosse caduto su Ronaldo (il Fenomeno, non il portoghese CR7), che per l’uno era (anzi è) l’unico giocatore riconosciuto come idolo e modello e per l’altro un fuoriclasse rimasto comunque nel profondo del cuore. E che Balotelli, che ai tempi aveva poco più di 16 anni, a Moratti avesse fatto più o meno questo discorso: “Presidente, tranquillo: io diventerò forte almeno quanto Ronaldo. Anzi, anche più forte”. Oggi Moratti sorride, quando gli si chiede di ricordare: “Dopo una partita così, di Mario parlo molto volentieri”.
Il presidente dell’Inter sa che i racconti che passano di bocca in bocca gonfiano i particolari fino a renderli leggenda, ma anche che non li deformano al punto di stravolgere la realtà. “Quel giorno, quando mi venne a trovare, Balotelli non disse proprio così. Però è vero che questo ragazzo è sempre stato molto sicuro di sé. Io lo vedo come un pregio: sa da quando era un ragazzino di avere certe qualità e non si è mai fatto intimidire da nulla, né dall’ambiente, né dalle circostanze”. Anche per questo Mario è ancora nel cuore di Moratti, come Ronaldo. Non un errore di mercato, ma un patrimonio senza frontiere: del calcio italiano, e questo conta.
Presidente, riesce a dire la sensazione che ha provato nel vedere giocare a Balotelli quella partita?
“Orgoglio e felicità. Sono felice per lui perché mi sembra che abbia trovato finalmente una casa, l’Italia, e che dagli italiani ora si senta benvoluto come desiderava”.
E come meritava?
“Per lui dev’essere stata una specie di conquista, ma non perché dovesse dimostrare di meritarlo, o far capire di essere cresciuto: credo cercasse soprattutto qualcosa di sentimentalmente gratificante”.
Crede sia anche perché è da quando gioca che gli si chiede di dimostrare qualcosa?
“E invece lui proprio questo chiede: di non avere ogni volta qualcosa da dimostrare. Di vedere rispettata questa sua libertà di crescere secondo le aspettative, ma anche secondo i suoi tempi”.
Bello vederlo sciogliersi così, quando a fine partita è andato ad abbracciare sua mamma in tribuna, vero?
“Ecco, in quell’abbraccio c’è tutto quello che dicevo, il discorso di certe promesse conquistate, più che rispettate: la conferma di chi sente finalmente di non sprecare la sua classe”.
Ma è vero che Balotelli è uno che bisogna saper prendere, come ragazzo e come calciatore?
“Balotelli è un ragazzo complesso, ma è anzitutto un grande talento e all’Europeo lo sta dimostrando anche in termini internazionali, davanti a tutto il mondo. E la cosa bella è che per farlo ha saputo soffrire: Prandelli ha anche scelto di non farlo giocare (contro l’Irlanda non partì titolare, ndr), ma lui non si è buttato giù, ha reagito”.
Dica la verità: con quel gol del 2-0 contro la Germania ha fatto saltare sulla sedia anche lei.
“Ma anche con il primo! Fantastico quel passaggio di Cassano, uno che come Balotelli fa paura agli avversari perché si sa che in qualunque momento può inventare qualcosa. E fantastico Mario nel liberarsi dal difensore. E poi, quando ha segnato il 2-0, l’ho visto bello deciso… Due gol molto suoi, comunque: gol da Balotelli“.
E dica la verità un’altra volta: rimpianti?
“Non vivo come una diminutio l’ammettere di aver pensato di riportarlo all’Inter: per me è una diminutio solo fare cose che non si devono fare. Avrei scommesso volentieri di nuovo su di lui, ma il Manchester City ha avuto tutto il diritto di dirci no: voleva tenerselo stretto”.
E vedere un Pirlo così la fa pentire?
“Se ci pentiamo noi, il Milan cosa dovrebbe fare? Giocatore immenso, uno di trent’anni che sembra giocare con dei ragazzini di 16: personalità e facilità di gioco spaventose e però mai fini a se stesse, ma sempre messe al servizio della squadra”.
Presidente, domani sera a Kiev finirà come nel 2006?
“A me questa squadra ricorda più quella dell’82, per il gioco ma non solo: anche allora sembrava tutto negativo e venne fuori una squadra con lo stesso spirito vincente e un centravanti sorprendente, che nell’occasione si dimostrò un campione. Una squadra capace di entusiasmare, davvero. Bravissimo Prandelli e bravi i giocatori a seguirlo, mettendoci del loro”.
Lo stesso Prandelli a cui aveva pensato anche lei per l’Inter, si disse.
“No, guardi: non c’è mai stato nessun contatto. Fiducia totale in Stramaccioni, ma a Prandelli mando i miei complimenti, davvero”.