EURO 2012. DEL BOSQUE: “Il biscotto? Non mi pento per non averlo fatto. Anzi”

RASSEGNA STAMPA – LA GAZZETTA DELLO SPORT – (Filippo Maria Ricci) – Il c.t. spagnolo: “Non penso sia stato dato il giusto valore al gesto nostro e dei croati: lealtà e sportività vanno sempre sottolineati”…

(getty images)

 

Vincente Del Bosque è sincero, aperto, disponibile. Ha le sue idee, calcistiche e politiche, non le nasconde e le difende. Sempre con grazia, intelligenza, affabile passione.

 

Apertura con l’Italia, chiusura con l’Italia. Cos’è cambiato? 
“Due squadre che hanno meritato di arrivare in finale, risultato conseguito con vite parallele: voi coi rigori ai quarti noi in semifinale, voi bene con la Germania, noi con la Francia. Due squadre dello stesso gruppo che stanno bene e hanno la stessa voglia. Di vincere, di approfittare dell’occasione”.

Pensava che l’Italia potesse arrivare in finale, con tutti i problemi che ha avuto tra scandali, infortuni e cambi di sistema? 
“L’Italia è una squadra storicamente preparata. Attorno a giocatori come Pirlo, De Rossi, Cassano, Balotelli, Barzagli, Bonucci si è costruito un gruppo forte, unito, una squadra più che una nazionale. Che è cresciuta gara dopo gara e arriva alla finale nel suo miglior momento. La vittoria con la Germania è stata rotonda”. 

Parliamo di singoli. Balotelli, Cassano, Pirlo. 
Balotelli è un tipo peculiare, molto particolare. Non lo conosco personalmente ma calcisticamente, è super completo: rapido, tecnico, sa dribblare e colpire di testa. Di Cassano mi parla sempre bene il mio assistente, Toni Grande, che lo ha avuto con se al Madrid quando lavorava con Capello. Dice è che è un giocatore straordinario. Pirlo è un simbolo della nazionale italiana. Ha portato alla Juve quel segno d’identità nel gioco che le mancava per fare il salto di qualità”. 

Nella prima sfida con l’Italia ha detto di aver scelto il ‘falso 9’ per cercare di frenare l’uscita con la palla di De Rossi e Pirlo. Ora il primo non sarà più in difesa ma a centrocampo. 
“L’Italia non cambierà, giocherà come nelle ultime partite. Con Chiellini a sinistra, i due Juve, Bonucci e Barzagli, in mezzo, l’unico dubbio è tra Balzaretti, meglio in difesa, o Maggio, più offensivo. E non cambieremo nemmeno noi: abbiamo un team stabile”.

Tre partite con il centravanti, due senza.
“Vedremo”. 

La semifinale col Portogallo in Spagna ha fatto il record di audience in tv. Fame di calcio e di distrazione?
“Chiaro, il momento è quello che è. Però al di la della situazione sociale questo gruppo di giocatori gode di una simpatia enorme nella società spagnola. Non parlo solo di appassionati. C’è tanta gente che il calcio lo segue poco o nulla ma che non si perde una partita della nazionale. “Siete simpatici”, mi dicono. Dobbiamo sfruttare questa onda lunga, e se dovessimo perdere spero che la gente capisca che questo è sport, e che bisogna imparare a perdere”.

La sua Spagna sembra tirar fuori il meglio dal Paese. Niente regionalismi, grande unità. Ha creato un clima ideale?
Del Bosque ride. “Credo di sì. Qui abbiamo ragazzi di tanti posti diversi, ma non si nota. Noi uomini non scegliamo il nostro luogo di nascita, e per questo credo che nel mondo non ci siano frontiere e non capisco come ci sia gente che le vuole creare quando ce ne sono sempre meno”. 

Restiamo in bilico tra sport e politica. Per tutto l’Europeo c’è stato il dibattito sulla presenza dei politici dei vari Paesi in Ucraina. 
“È impossibile separare politica e sport, ancora meno quando si rappresenta il proprio Paese. L’Ucraina ha i suoi problemi ma mi piacerebbe che ricevesse l’aiuto della Comunità Europea. Io sono a favore delle buone relazioni, la presenza dei politici domenica non sarebbe male”.

E in tema di esempi: pentito di non aver confezionato il «biscotto»?
“Al contrario, sono contentissimo non solo del fatto che non ci sia stato il 2-2, ma soprattutto che le cose siano andate così, e di ritrovare l’Italia in finale. Non penso sia stato dato il giusto valore etico e sportivo al gesto di spagnoli e croati. In questa società servono esempi, e il nostro è stato poco riconosciuto. Sono rimaste le battute, l’ironia e non il fatto che le cose siano andate come dovevano andare: con lealtà e sportività. Se in una vetrina come questa dell’Europeo cadiamo nella tentazione di fare una cosa del genere resteremo segnati per tutta la vita”.

E in campo? All’estero vi danno dei noiosi.
“È il nostro gioco. Ci sono momenti nella partita che sembra che vogliamo solo tener palla ma non è così. Stiamo cercando una soluzione, una via, un’apertura decisiva. E poi questo stile ci ha dato tutto. Ho passato la vita ad ascoltare la gente dire che non avevamo uno stile nostro e ora che ce l’abbiamo lo critichiamo?”.

Effettivamente in Spagna c’è chi ha da ridire. Sacrilegio?
“No. È impossibile evitare il dibattito. Un Europeo attira l’attenzione di tutti ed è normale che ci siano opinioni diverse. Non esiste un allenatore non criticato, nemmeno quello che vince. E poi ci sono fattori inalienabili: il Madrid-Barça, per esempio, che ci accompagna e ci accompagnerà sempre: se giochiamo con lo stile del Barça il madridista non lo accetta, se ci avviciniamo a quello del Madrid gli acerrimi del Barça non sono contenti. È una battaglia persa. L’importante è che all’interno del nostro gruppo ci sia una buona convivenza. Lì, sì, posso fare qualcosa. Sul resto, no. A volte non ci salvano nemmeno i risultati”. 

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