RASSEGNA STAMPA – LA GAZZETTA DELLO SPORT – (Massimo Cecchini) – Visione di gioco, tocchi sublimi e la prodezza indimenticabile contro l’Inghilterra: il centrocampista azzurro cambia la storia e continua a raccogliere consensi…
A Kiev, vedere in tribuna Roman Abramovich sorridere per il successo dell’Italia, complimentarsi con i dirigenti federali italiani e scoprire che ha rivelato a chi gli era vicino la sua enorme ammirazione – vicina al rimpianto – per Andrea Pirlo, ci consola sul fatto che il denaro a volte si arena sulle spiagge dell’impossibile. Quella ‘figurina’, infatti, al magnate del Chelsea mancherà per sempre, nonostante all’alba dell’era Ancelotti sulla panchina dei ‘Blues’ il matrimonio sembrasse a un passo.
Cucchiaio dolceamaro. Il 25 agosto 2010, contro il Barcellona nel trofeo Gamper, Pirlo andava sul dischetto per un ‘cucchiaio’ fallito goffamente. Ecco, se guardate su YouTube le immagini del pallone che si adagia comodo tra le braccia del portiere Pinto, notate subito dopo i sorrisetti un po’ ironici di Valdes, Puyol e Ronaldinho, mentre Andrea torna a centrocampo col viso che pare una maschera di pietra. Arrabbiatura? Indifferenza? No, innocuo incidente di percorso, visto che nel 2003 in Supercoppa italiana aveva battuto così Buffon e nel 2009, in azzurro, si era ripetuto contro il Montenegro. Perfetto per tutti tranne per le coronarie dei tifosi azzurri, visto che la palla ha impiegato quasi un secondo (un’enormità) per compiere quegli 11 metri. Ecco, proprio la scelleratezza del gesto ha dato ragione a Pirlo: “Mi sono accorto che Hart faceva strani balletti sulla linea di porta e poi si è mosso prima. Così ho deciso per il “cucchiaio”, mettendo la pressione addosso agli inglesi”. Missione compiuta, perché la partita è svoltata proprio lì, consegnando l’inerzia del match agli azzurri.
Leader da Pallone d’oro. Occhio però alle banalizzazioni. Andrea a livello mediatico non nasce col ‘cucchiaio’ e le sue declinazioni. Gli addetti ai lavori da anni sono innamorati di “uno dei più grandi giocatori del mondo”, uno dei pochi veri uomini. Non a caso la meno brillante prestazione di Pirlo – contro l’Irlanda – è coincisa con la meno riuscita partita degli azzurri. In Andrea, insomma, si materializza la massima che il saggio Boskov riservava a Cerezo: “Dieci giocatori qualsiasi con lui al fianco diventano una squadra”. Nessuna meraviglia, perciò, che Parreira, ex c.t. del Brasile, lo abbia definito “uno Zico davanti alla difesa”. Dunque che cosa manca perché un talento del genere abbia il Pallone d’oro? Nulla, ovvio. O forse sì. “Andrea non si è mai curato di farsi pubblicità — ha spiegato Luisito Suarez —. Non è il tipo che fa parlare di sé fuori dal campo. E questo, per vincere un trofeo del genere, nel calcio attuale gli nuoce”. Possibile. E allora non resta che un atto di forza: Italia campione d’Europa. A quel punto sarebbe arduo non incoronare un giocatore che, vinto nel 2012 anche lo scudetto, può sgranare un palmares unico: 2 Champions, 2 Supercoppe europee, un Mondiale per club, 3 scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana, un Mondiale, un Europeo Under 21 e un bronzo olimpico. Per questo ieri Prandelli è stato chiaro: “Andrea è da Pallone d’oro”.
Finale con curiosità. Quella che diversi colleghi stranieri riservano stupiti ai motivi per cui il Milan ha deciso di privarsene. Inutile provare con spiegazioni anagrafiche, economiche e tattiche: ci hanno guardato poco convinti. Per loro Pirlo è ‘über alles’. I tedeschi ci perdonino, ma non sappiamo dargli torto.