LA GAZZETTA DELLO SPORT. Il tedesco compie 34 anni e stasera sfida il Portogallo a caccia del record di Muller…
(getty images)
Terminati i discorsi e le immagini ufficiali, la compagnia si è seduta a tavola: come se fosse un matrimonio, l’assegnazione dei posti è stata l’operazione più delicata. Di fronte ad Angela Merkel è stato piazzato Bastian Schweinsteiger, per cui la Kanzlerin ha un debole riconosciuto; a destra il capitano Lahm; a sinistra del capo del governo, Miroslav Klose. Molti polacchi non hanno in simpatia l’attaccante nato da loro, figlio di due loro atleti professionisti (un calciatore e una nazionale di pallamano), proprio per il suo essere troppo tedesco. Eppure non ha mai rinnegato le origini, non ha tagliato le radici: «La Polonia non è solo la mia terra e quella dove vivono pezzi della mia famiglia, ma è parte della mia vita: in casa noi parliamo ancora come in Slesia, anche con i nostri bambini: devono crescere con l’impronta delle origini che ho avuto io. Per me e Podolski il torneo qui è un’enorme gioia».
[…] Oggi Miro tocca i 34: il dolce gli sarà portato dai compagni, e non soltanto perché la Germania sarà in Ucraina, ma in una città (Lviv) di confine, da sempre fiera della sua anima polacca. Podolski sfilò con la maglia rossa, dopo Germania-Polonia all’Euro 2008: salì in tribuna e baciò il papà Waldemar. […] Nel giorno in cui sfida Ronaldo, Klose inizia il sesto torneo con la Germania: è secondo nella classifica delle presenze (116 dietro alle 150 di Matthäus); in quella dei gol generali (63 contro i 68 di Gerd Müller) e in quella internazionale di reti nelle fasi finali dei tornei: 16, con Klinsmann, davanti sempre Müller (18), dietro Michel Platini (14). Tranne per le presenze, il resto dei primati può venire superato in questi giorni: così diventerà ancora più tedesco. […] Nel 2001, Klose passò in una stagione e mezza dalla terza serie alla nazionale: il suo club, il Kaiserslautern, lo mandò a scuola di «comportamento pubblico con i media». Trenta ore di corso privato con un professore che insegnava l’atteggiamento davanti a cronisti e telecamere: «Mi istruì a non reagire mai col linguaggio del corpo». Miro ha imparato bene: muove appena gli occhi, cerca l’interlocutore, non fa scattare i fotografi per pose strane: «Siamo qui per vincere. Abbiamo una squadra matura e pronta, anche se con il Portogallo non sarà facile. Ronaldo è fortissimo e non è il solo. L’Italia mi ha aiutato ad aprire la mentalità e ad assorbire nuovi metodi tattici e di allenamento. Sto bene a Roma». […]