INTER. STRAMA: «Gli sms di Mou una vera sorpresa: seguirò i consigli. Roma, ecco perché sono andato all’Inter»

CORRIERE DELLO SPORT- Il tecnico nerazzurro si racconta nella redazione del Corriere dello Sport, dai primi passi all’esordio in Serie A…
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Ecco uno stralcio della sua intervista– Dove ha iniziato ad allenare? «Al quartiere Nuovo Salario con l’AZ Sport, poi sono andato alla Romulea che in quegli anni era affiliata alla Lazio (adesso grazie a Stramaccioni sarà affiliata all’Inter, ndr). Iniziai a fare anche l’osservatore per il club biancoceleste e per 6 mesi ho avuto il tesserino che lo attestava, poi però è arrivata la Roma. Ringraziai tutti e firmai per i giallorossi. Scoppiò un macello…». Allora è destino che quando lei passa da una società all’altra si crei un polverone… «E’ successo anche quando dalla Roma sono andato all’Inter, ma la colpa non è mia. Nel 2010 avevo una grande offerta da parte della Fiorentina e l’Inter provò a inserirmi nell’affare Burdisso, ma i dirigenti non mi lasciarono andare. La presidentessa Sensi mi diceva che ero il futuro, ma non mi potevano dare la Primavera. Mi rinnovarono il contratto e ottenni di inserire una clausola unilaterale ovvero la possibilità di avere una settimana di tempo prima di una certa data per liberarmi se la società non mi avesse garantito una cosa. Con De Rossi senior si è rotto qualcosa? «La cosa purtroppo è stata montata e ci hanno messo contro. Non ho mai avuto e non ho niente contro di lui. Alberto giustamente ho voluto rimanere ad allenare la Primavera. Niente da dire, ma io non potevo restare a vita agli Allievi. Si è creato un dualismo interno tutto romano e a quel punto ricucire lo strappo era impossibile». Com’è stato l’addio alla Roma? «Dolorosissimo e non mi vergogno a dirlo. Sono stato con tante persone, tra le quali Conti, Totti, Vito Scala e la dottoressa Mazzoleni, con le quali ho un bel rapporto e grazie alle quali sono cresciuto». Qualcuno sostiene che Stramaccioni assomigli a Mourinho. «Mourinho mi ha dato più di un consiglio». Vuol dire che lei e Mourinho parlate? «Sì, ma non l’ho mai detto neppure ai giocatori. Ho deciso di avvicinarmi a lui dopo che mi ha contattato. Lo ha fatto credo per quanto ama l’Inter. Me lo ha scritto anche in uno dei messaggi». Quando le è arrivato il primo sms cosa ha pensato? «Era firmato José Mourinho e credevo fosse uno scherzo. Davvero… Poi ho chiesto al team manager, Andrea Butti, che conosce bene Mourinho e mi ha detto che era stato lui a dargli il mio numero. Ho ascoltato i consigli di Mourinho e lo ringrazio. Non l’ho mai incontrato di persona, ma è un piacere anche solo parlare con uno dei migliori allenatori al mondo». Qual è il suggerimento che ha più apprezzato? «Il più bello, dopo che ha visto giocare la mia Inter, è stato quello di non cambiare di una virgola, di non farmi “contaminare”. Non ho intenzione di farlo perché il presidente mi ha scelto per quello sono. Ho cercato di rimanere me stesso e di dare un’impronta alla squadra anche in queste 9 partite. Credo di esserci riuscito. Devo imparare e migliorare, ma non
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stravolgermi, non farmi cambiare». Tra gli allenatori della Roma invece con chi ha legato di più? «Luciano Spalletti, anche se lui mi ha chiamato dalla Russia e mi ha detto “Non dirlo più perché ti fai un danno…”. Da lui ho preso tanto, sul campo. La Roma delle 11 vittorie di fila, la Roma della qualità, la squadra senza attaccanti veri e della palla “addosso” mi ha ispirato. Con Spalletti ho parlato tanto». Non c’è Zeman tra i suoi riferimenti? «Zeman è unico ed è impossibile imitarlo. Ha idee che sono sue e basta perché è il massimo esponente di quella corrente. Di lui o prendi tutto o non ce la fai perché il suo calcio coinvolge in fase offensiva tanti di quei giocatori che non si può trovare una via di mezzo». Lei invece in mediana ha sfruttato il ritorno su buoni livelli di Guarin. «E’ un ottimo giocatore, uno in continua crescita. Si esprime al meglio come interno e abbina grande forza a qualità. Veniva da un grave infortunio, ma ha fatto bene». Che cosa le manca di Roma? «Solo la mia famiglia. Sono una persona semplice e mi piace pranzare con mio padre, mia madre e mio fratello. Non mi capita da un po’. Per il resto Milano mi ha accolto alla grande e ci sto bene».

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