Il tecnico commenta lo Scudetto e sulle tre stelle aggiunge: “Le stelle hanno un valore simbolico, l’importante è entrare nella storia con le vittorie”…
L’allenatore della Juventus Antonio Conte è stato intervistato in esclusiva da Giovanni Guardalà per Sky Sport.
Le dichiarazioni dwl tecnico bianconero andranno in onda in versione integrale domenica 13 maggio alle 13.30 su Sky Sport 1 HD e Sky 3D, nello speciale “Conte, un sogno chiamato Scudetto”.
Ecco un’anticipazione dell’intervista:
I festeggiamenti dello Scudetto.
Il momento che più mi è rimasto impresso nella mente in questi giorni di festeggiamenti è sicuramente l’abbraccio finale a Trieste. Poi, se vogliamo ricordare una cosa simpatica, camminare per le strade di Torino e vedere la gente che, in mezzo alla strada, tira il freno a mano fregandosene di eventuali tamponamenti, scende, ti abbraccia, piange e ti dice grazie.
E i momenti più difficili.
Momenti difficili ce ne sono stati, anche perché non dimentichiamo che noi non eravamo partiti per vincere il campionato. Il più difficile è stato quando ci siamo trovati a meno 4 e a meno 7 dal Milan prima di partite difficili come quelle con la Fiorentina e con l’Inter. Poi, ricordo che in una conferenza stampa sentii Allegri che già parlava della seconda stella del Milan da mettere sulla maglia il prossimo anno. In quel momento pensai: “Cavoli, sono proprio convinti di vincere lo Scudetto”.
Abbiamo rivisto il miglior Buffon. Cosa ha fatto per convincerlo a restare?
E’ tornato al centro del progetto. Campioni come lui, Del Piero, Pirlo, devono sentirsi al centro del progetto, devono sentirsi la responsabilità. Io non ho fatto altro che addossargli delle responsabilità. Buffon e Del Piero sono stati i primi con cui ho parlato, gli ho fatto capire cosa mi aspettavo da loro: dovevano aiutarmi molto più degli altri perché con loro sarei stato feroce sotto tutti i punti di vista. E loro mi hanno aiutato molto. Buffon, Del Piero e Pirlo sono stati i tre campioni che hanno contribuito alla crescita esponenziale di questo gruppo.
Che sensazione le da’ l’addio di Del Piero?
Lui mi da’ la sensazione di un calciatore straordinariamente concentrato sul presente. Questo è stato il valore aggiunto per lui e per noi, soprattutto quando la stagione è diventata calda e avevamo bisogno dei colpi del campione. Lui c’era, come c’è adesso e ci sarà in questo finale di stagione, visto che vogliamo mantenere l’imbattibilità e, possibilmente, vincere la Coppa Italia. L’ho sempre visto come un giocatore che poteva risolvere i problemi. Spesso sono stato criticato perché lo facevo giocare poco, a volte 6 o 7 minuti. Invece io l’ho sempre chiamato quando avevo bisogno di lui, che fosse un minuto, 30 secondi, un tempo o tutta la partita.
Lo sfogo di Parma, lo rifarebbe?
Sì, non rinnego nulla. Quelle mie dichiarazioni furono enfatizzate perché, se rivediamo la stagione, tutte le società si sono lamentate, assolutamente tutte. Noi ci siamo permessi di chiedere equità di trattamento, non abbiamo detto: “L’arbitro ha sbagliato”. In quel momento sentivo il dovere si dirlo. Invece ci hanno ammazzato perché sembrava che noi, comunque, non dovessimo parlare. No, parlano tutti e quindi parla anche la Juventus. Non perché non credessimo nel sistema, ma perché i numeri e i dati di fatto ci hanno portato a quelle riflessioni. Ci fu un accanimento incredibile come a dire: “Parlate proprio voi che non dovete parlare”. No, io parlo perché se vedo qualcosa di sbagliato che va contro la mia squadra, parlo e parlerò.
Ricordare da parte del Milan il gol di Muntari anche a due mesi di distanza era una strategia che l’ha innervosita?
Direi che ha parlato il campo: 8 vittorie nelle ultime 9 partite a dimostrazione che non ci ha innervosito. Io ho sempre detto che il campionato l’avrebbe vinto la squadra migliore, la squadra che, nell’arco della stagione, fosse stata più costante, avesse giocato meglio, avesse avuto una migliore organizzazione. E io penso che tutto questo la Juventus l’abbia dimostrato e sia stata superiore al Milan.
Lei era entrato nella storia di questa società da calciatore, adesso da allenatore, se ne è già reso conto?
L’altro giorno, quando abbiamo ripreso gli allenamenti, guardavo i giocatori che si scaldavano e pensavo: “Sono l’allenatore che ha vinto lo Scudetto”. È stata una bella sensazione. Poi ho pensato: “Hai dimostrato di meritare la chance che ti è stata data di allenare”. Ma, se devo dire la verità, su questo non avevo dubbi. Qualche anno fa feci una dichiarazione che poteva sembrare presuntuosa, dissi: “Se fra 4-5 anni non arrivo ad allenare una grande, mi dedico alla famiglia, alla quale avevo tolto tanto”. Io me lo sentivo che sarei tornato alla Juventus. Quando ho smesso, sapevo che si trattava di un arrivederci e non di un addio. Sono tornato e sono contento che quello che sentivo allora si è avverato, anche se devo ammettere che la realtà ha superato la fantasia.
La vuole la terza stella sulla maglia?
Le stelle hanno un valore simbolico, l’importante è entrare nella storia con le vittorie. Questo è il mio primo Scudetto da allenatore. Per mentalità, non guardo mai indietro né per pensare alle cose belle, né per pensare a quelle brutte. Penso sempre al presente e a quello che verrà.
Dopo la Coppa Italia sarà il momento per parlare del suo contratto?
Sicuramente in questi giorni inizieremo a parlare con la società. È giusto confrontarsi dopo un anno di lavoro su tutto. Ma c’è la massima serenità da parte mia e da parte della società
Qual è il suo prossimo sogno?
Il prossimo sogno è quello di rinnovare il contratto.