Commozione ieri al Picchi di Livorno, quando il Moro è tornato, per salutare i suoi tifosi, prima di tornare definitivamente nella sua Bergamo. Urlando contro il cielo suonava ieri pomeriggio allo stadio, mentre PierMario faceva il giro di campo. Alle quattordici e cinquantatré Mario è sotto la curva Nord, davanti allo striscione «Avevi la nostra maglia, ciao Moro», e tra i cori mischiati alla note degli altoparlanti: «Uno di noi, o Moro uno di noi»; Ligabue spara una delle canzoni preferite da Piermario. Allo stadio Picchi, quartiere Ardenza, sono arrivati in diecimila, appoggiati in tribuna e sulla Nord. Sull’altra curva è appeso uno striscione «Hai combattuto per la nostra fede, assenti per legge, presenti con il cuore», lo hanno fatto portare i detenuti del carcere Le Sughere. Dalla gradinata esce invece il Moro, la foto incorniciata fissata al parabrezza del carro funebre. Sul feretro, passato da Roma e scortato dall’arrivo a Firenze, le sciarpe di Livorno, Vicenza, Pescara. Il lento giro dello stadio, coperto dai fittissimi applausi, poi dal grido «Morosini alé», porta Piermario sotto la tribuna e di fronte ai compagni in lacrime; Luci e Vono appoggiano la corona di fiori gialli, si avvicinano Mazzoni e Madonna, l’allenatore. Il gruppo è schierato spalle alla tribuna con la maglia venticinque e si stringe forte quando il Moro, pochi attimi dopo, riparte e non tornerà più. Il vescovo, Monsignor Giusti, nel silenzio, benedice l’ultimo viaggio: «Continuerai a vivere in coloro che ti hanno amato, supererai le barriere della morte per essere vicino ai tuoi cari».