IL ROMANISTA. Lo Monaco: “Un uomo vero, col cuore grande”
Una sintesi dell’articolo de ‘Il Romanista’: Ha giocato con noi nella stagione 1975/76,ma romanista lo è restato sempre.Ha vissuto fino in fondo la vita…
Nell’edizione odierna, ‘Il Romanista’ propone un’intervista esclusiva a Daniele LO MONACO. Il responsabile della comunicazione della As Roma, ha voluto esprimere un commosso ricordo su Carlo PETRINI, scomparso ieri all’età di 64 anni. Lo Monaco ha parlato dell’uomo, del calciatore e dello scrittore Petrini. Ecco alcuni estratti dell’intervista:
L’AMICIZIA CON PETRINI – “L’ho conosciuto comprando il suo bestseller, “Nel fango del dio pallone“. L’ho letto in una notte. Io all’epoca ero direttore di Rosso&Giallo e nel libro notai degli aspetti che potevano essere approfonditi, soprattutto riguardo al suo periodo passato a Roma. Mi venne l’idea di fargli una video intervista. Ci incontrammo la prima volta nel 2000 in occasione della presentazione romana del suo libro. Entrammo presto in simpatia, e scoprii di avere molte cose in comune con lui”.
IL RICORDO DI LO MONACO – “Una persona con grande cuore, molto generosa, carismatica. Con quel vocione baritonale che gli dava un tono da vero ammaliatore. Un uomo affascinante. Che continuava ad avere un gran successo con le donne”.
IL CALCIATORE PETRINI – ”Non era un fuoriclasse. Era un giocatore di temperamente che in campo dava il 110%. Io ritengo che se non avesse avuto quel carattere fumantino, che lo portò a litigare a vent’anni con uno come Nereo ROCCO, e soprattutto se non avesse subito il grave infortunio ai tempi delMilan, la sua carriera avrebbe potuto essere migliore”.
IL PERIODO ALLA ROMA – ”Quando arrivò in giallorosso era un giocatore già formato. Era il classico calciatore che i tifosi della Roma amano: grande generosità, grande temperamento e voglia di lottare. Il rapporto con il tifo giallorosso fu fantastico”.
UNA VITA TORMENTATA – “Carlo è entrato in tutti i malaffari del calcio italiano… Almeno lui è l’unico che ha avuto il coraggio di assumersi le proprie colpe, ovviamente non subito, però lo ha fatto. Avrebbe potuto riciclarsi in qualche modo, invece ha preferito raccontare tutta la verità. E il mondo del calcio l’ha squalificato a vita. Da quando l’ho conosciuto Carlo ha vissuto sempre con la dannazione del pensiero della morte del figlio Diego. Per tumore al cervello tra l’altro, a volte il destino…Petrini fu costretto a rifugiarsi in Francia a seguito di alcuni investimenti andati male che lo avevano messo nel mirino di alcuni mafiosi. Nel ’95 il figlio si ammalò e in punto di morte fece un appello in diretta tv al Tg delle 20 chiedendo di poter rivedere il padre. Carlo mi raccontò che esitò a tornare perché non voleva tutta l’attenzione dei media su di se’ e sulla sua famiglia e, proprio mentre stava prendendo la sua decisione, gli arrivò la notizia della morte di Diego. Questo episodio lo segnò e lo costrinse a cambiar vita. Nel ’98 Petrini torna definitivamente in Italia e inizia una nuova vita. Carlo ha sbagliato molto nella sua vita, ma ha avuto molto coraggio. Dopo aver perso tutto, ma proprio tutto, ha deciso di ripartire ammettendo le sue colpe, dicendo tutta la verità. E questo gli è costato molto, ha perso gli amici e gli affetti. Il mondo del calcio lo ha messo definitivamente da parte. Quelli che prima gli erano vicini si allontanarono perché era diventato una persona scomoda, qualcuno con cui era meglio non aver a che fare”.