AMAURI: “Ho ancora voglia di spaccare il mondo. Parlare con Conte è stato inutile”

L’attaccante della Fiorentina si racconta ai microfoni di Mediaset Premium ripercorrendo tutta la sua carriera tra passato e presente…

(getty images)

“Non sono un giocatore finito, ho ancora voglia di spaccare il mondo. E siccome mi conosco, so che ci riusciro'”.

Così l’attaccante italo-brasiliano della Fiorentina Amauri, in un’intervista esclusiva per “La tribù del calcio” in programma domani alle ore 23 su Premium Calcio, parla del suo futuro. Nel corso dell’intervista, Amauri ha raccontato tutto della sua vita e della sua carriera di calciatore.

Ecco le sue parole riportate dall’Italpress e partendo  dei primi anni in Brasile, Amauri dichiara: “Ho fatto qualsiasi tipo di lavoro e nel frattempo mi allenavo: qualcuno mi notò e mi portò a fare un provino nel Santa Catarina, un club di serie B che si trovava a dieci ore da San Paolo. Iniziai a segnare con continuità e a gennaio mi inserirono in una rappresentativa che partecipava al torneo di Viareggio. Venni in Italia, riuscii a mettermi in mostra, ma le squadre italiane non mi potevano tesserare. Così finii in Svizzera, al Bellinzona, in serie B: poi, all’inizio della stagione successiva, l’allenatore mi disse che per me non c’era più spazio. Di colpo mi ritrovavo da solo, senza famiglia, senza amici, senza nessuno”.

“Mi spedirono in Belgio a fare un provino – continua Amauri -, ma in pratica rimasi prigioniero in un albergo una settimana. Così tornai in Italia ed andai a Torino, dove per due mesi, è la verità, ho vissuto praticamente da clandestino. Un giorno mi chiamò Grimaldi, che poi sarebbe diventato il mio procuratore, e mi disse di prendere il primo treno per Napoli. Non sapevo neanche chi fosse, questo Grimaldi, ma saltai sul treno e dopo dieci ore arrivai a Napoli. Per due settimane mi allenai in strada. Poi iniziai a giocare con la Primavera e dopo un po’ venni aggregato alla prima squadra: da quel giorno iniziai a vedere un po’ di luce”.

Dopo alcune esperienze a Piacenza, Messina e Empoli, Amauri finisce al Palermo di Maurizio Zamparini e poi alla Juventus: “Arrivare in una grande squadra e’ sempre stato il mio sogno. Il giorno che firmai per la Juve avevo un entusiasmo incredibile. Il primo anno fu meraviglioso, il gol al Real Madrid e’ ancora il mio ricordo piu’ bello. Il secondo anno, invece, con Ferrara le cose non andarono troppo bene. Nella terza stagione ritrovai Del Neri, che era stato mio allenatore al Chievo, ma per me fu ugualmente un anno terribile. A dispetto di tanti problemi fisici, mi misi sempre a disposizione e giocai partite che non avrei dovuto giocare. Volevo sacrificarmi per la squadra, ma alla fine il sacrificato sono stato io. A gennaio tutti cominciarono a prendermi di mira dicendo che stavo rifiutando il trasferimento in altre squadre. Tutte balle, ma capii che ormai per me alla Juve non c’era più spazio. Cosi’ andai a Parma dove ricominciai a vivere e a sorridere”.

Il prestito a Parma si conclude e Amauri, che torna a Torino, ricorda così quei giorni: “Ero tornato alla Juventus con grande entusiasmo. Ma dopo due soli giorni di ritiro, la grande voglia di riscatto che avevo era completamente svanita. Mi sono ritrovato infatti ad allenarmi da solo a mezzogiorno, oppure alle due o alle tre del pomeriggio, sotto un sole a 35 gradi, fino a che non ce l’ho più fatta e ho chiesto alla società di potermi allenare con la Primavera. Ho provato anche a parlare due volte con Conte, ma è stato inutile: non ho mai capito il perché di tanto accanimento. Mi trattavano come se avessi fatto un torto a qualcuno, come fossi un giocatore marcio nello spogliatoio, quando io invece sono andato sempre d’accordo con tutti”.

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