GAZZETTA DELLO SPORT. INTER, tutto in una notte. I quarti per tenere vivo il grande ciclo
Contro il Marsiglia per una vittoria storica e una qualificazione che, dopo 7 anni di trionfi, può lasciare i nerazzurri in corsa per un trofeo
Wes e Chivu si prendono simpaticamente a pallonate e fanno gli scatti a chi arriva prima. Chi c’è c’è e chi non c’è si allena comunque: Chivu stasera guarderà da squalificato, Sneijder – stasera – dovrà qualificarsi per quello che è: un numero uno. Ranieri sta in mezzo al campo come se fosse in panchina: rigido come un ghiacciolo, braccia conserte, occhi non umidi, attenti. A tutto. Ranieri mette ancora Forlan al fianco di Milito che nelle ultime 2 edizioni di Champions ha infilato 2 gol. E’ una rincorsa anche la sua, a tornare in sé pure in Europa. Come per Sneijder che non segna dal 26 ottobre (!), come Cambiasso, come Forlan stesso che ha saltato la fase a gironi e adesso vuole spazio, gol, soprattutto dopo aver fallito quello a Marsiglia dopo 10′. Insomma, è la notte che deve sapere di Inter. Ci sono 30 giornalisti francesi accreditati, tutti appesi a Remy e ai fratelli Ayew. Per l’Inter il passaggio del turno è piedistallo di un Ciclo: da 7 stagioni i nerazzurri vincono almeno un trofeo, 15 in tutto. Se stasera dovessero uscire, si chiuderebbe la serie e il Ciclo stesso perché scudetto e Coppa Italia sono impossibili. E nessuno ci tiene. Un anno fa quasi esatto l’Inter ribaltò il Bayern: era il 15 marzo 2011, la faccia da rimonta aveva la maschera di Pandev su pallissima di Eto’o, oggi magari tocca a qualcun altro, basta fare l’Inter. Anche se Eto’o manca un casino. Ah, di quella sera c’è anche l’arbitro: è portoghese e si chiama Proença. Sai mai che… Di certo in quella notte si vide l’Inter vestita da Inter: sembravano tutti usciti dalla piscina di Cocoon, salvo poi crollare sotto i colpi dello Schalke 04 un turno dopo e pazzamente. Un anno fa come oggi serve quella che Napoleone chiamò la Vecchia Guardia (Vieille Garde in francese): era composta dai più anziani veterani che avevano combattuto da tre a cinque campagne nelle truppe napoleoniche, rappresentava l’élite della Grande Armata. Da Julio Cesar a Zanetti, da Lucio, Maicon e Samuel, da Cambiasso a Milito. E anche Stankovic: «È normale che il presidente ci chieda il massimo – fa Deki-, soprattutto a noi della vecchia guardia». E’ così. Così dovrà essere. E dovrà essere così quantomeno per centrare la 50esima vittoria da quando la manifestazione si chiama Champions League (e la 200esima in tornei internazionali di ogni tipo). Trionfare, poi, significherebbe segnare quei gol che nelle 3 sfide contro il Marsiglia (andata e ritorno di Uefa 2004, andata di questa Champions) non sono mai usciti: 8 anni fa segnarono Drogba e Meriem; il 22 febbraio scorso André Ayew. E allora così no, non si può andare avanti. Perché se è vero che la vittoria di Verona può equivalere all’uscita da un incubo, be’, è altrettanto vero che che uno come Maicon deve piallare la fascia e quindi diventare l’altrui cauchemar (incubo alla francese). E che uno come Milito deve riabituarsi alle notti del Triplete, che Cambiasso rientra dal 1′ dopo la panca iniziale contro il Chievo, che Julio Cesar ha sempre la cartuccia pronta del discorso da rimonta e che se dovesse toccare a un altro, be’, Stankovic farebbe così: «Come discorso io proporrei un silenzio. In gare così non c’è tanto da dire. C’è da fare». Loro in campo e i 70.000 sugli spalti a fare onde di boati. Perché o suoni il rock adesso o il disco si rompe davvero.