«Al momento non mi sono accorto se la palla fosse entrata, ma non avrei comunque aiutato l’arbitro». Tutto nasce da queste parole, pronunciate da Gigi Buffon subito dopo Milan-Juve. Di certo, non il peggio di una serata burrascosa, piena di «passi falsi» soprattutto da parte di chi c’entrava poco con il campo. Ma Buffon è il capitano della Nazionale, e in azzurro vige un rigido codice etico, con Prandelli (ieri apparso tra l’altro piuttosto imbarazzato) sponsor principale. E allora, immediate, sono arrivate le prime critiche, non solo da parte dei media.
«Non sono ipocrita» La risposta di Buffon non si è fatta attendere: «Non sono mai stato un ipocrita. Ognuno ha il suo pensiero, e io lo rispetto. Così come voglio essere a mia volta rispettato. Quel che dicono o scrivono gli altri mi interessa fino a un certo punto. Nella mia carriera non troverete mai gesti di slealtà, soprattutto in campo. La risposta che più mi interessa è la stima e il rispetto che mi viene dimostrata da compagni e avversari. Di altro tipo di stima non me ne fotte…». Duro, durissimo, deciso a «non rimangiarmi ciò che ho detto a San Siro. Non capisco poi a che tipo di aiuto si riferisca Nicchi, altrimenti facciamo arbitrare i giocatori ed è finito il discorso… Trovo questa retorica avvilente, quasi stucchevole. Ridirei le cose che ho detto sul gol fantasma, anche perché diversamente mi prenderei una responsabilità magari in una finale del Mondiale. Dovrei affossare la mia squadra, e non avrei la forza».