L’Arsenal è esattamente l’avversaria di cui il Milan aveva bisogno. Intendiamoci: nell’urna c’erano rivali più abbordabili, squadre che in nessun caso possono correre per la finale mentre i Gunners, sia pure dalla seconda fila, un pensiero all’Allianz Arena hanno il diritto di rivolgerlo. Il Milan ha bisogno di un test così difficile – ma non impossibile come sarebbe stato oggi un Real Madrid – per capire fino in fondo il suo valore. L’anno scorso l’urgenza di rivincere lo scudetto prevalse su tutto, e un rimpianto rimase perché la squadra di Allegri uscì dalla Champions agli ottavi con la sensazione di non essere inferiore al Tottenham, ma semplicemente di non essersi giocata bene le sue carte.
Impegnare Song Ferito da un’estate di fughe – via Fabregas e Nasri – Wenger è sopravvissuto non senza soffrire al preliminare con l’Udinese e a un avvio di Premier nel quale il suo fragile nuovo Arsenal era oggetto di tiro al piccione (lo United gliene segnò otto). Ma siccome la qualità numero uno del tecnico francese è proprio la capacità di insegnare calcio, in pochi mesi ha ricreato una squadra non ancora fortissima, ma ben strutturata attorno ai suoi due campioni, il centravanti Van Persie, la cui qualità è nota a tutti, e il mediano Song, meno conosciuto ma di impatto paragonabile a quello di De Rossi. Per tenerlo impegnato, impedendogli di filtrare davanti a una difesa spesso incerta (brutta assenza Mertesacker), ci sarebbe voluto il miglior Boateng. Seedorf non ha né la potenza né il dinamismo necessari, dovrà rimediare con la precisione del passaggio al volo, usufruendo degli spazi che gli aprirà Ibrahimovic arretrando sulla trequarti (e lì sì che Song avrà da fare).