(Foto Getty Images)
Giorno di riposo e tempo di bilanci per il Tour de France. A tracciarlo in esclusiva ai nostri microfoni è Maurizio Fondriest, straordinario interprete delle corse in linea a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 e vincitore in carriera di un Campionato del Mondo (a Renaix nel 1988) di una Milano-Sanremo, di una Freccia Vallone e del Gran Prix di Zurigo. Nel palmares del corridore di Cles anche due frazioni al Giro d’Italia e un ottavo posto in classifica generale nell’anno di grazia 1993.
Alla vigilia del Tour de France, attraverso la sua pagina di Facebook, se la prese con la Gazzetta dello Sport perché concedeva pochissimo spazio ad altri sport che non fossero il calcio. Neanche questa Grande Boucle così incerta riesce a smentirla…
E’ sempre stato così. E’ normale che i giornali parlino più di calcio perché c’è un pubblico e un business maggiore e lo posso capire. La mia era una difesa nei confronti di tutti gli sport minori, anche perchè la Gazzetta è l’unico giornale che compro in quanto dedica sempre almeno una pagina al ciclismo. Quando vedi in prima pagina delle foto di calciatori in vacanza, mentre ci sono sport minori che per avere uno spazio minimo devono vincere le Olimpiadi, diventa quasi un’offesa. Per sostenere anche altre discipline ci vorrebbe un po’ più di attenzione, a prescindere dai soldi e dagli interessi che ruotano intorno.
Ormai sono rimaste soltanto le Alpi. Il Tour continua a sembrare una partita a scacchi. Cosa possiamo aspettarci?
Il problema del Tour, rispetto al Giro, è che le tappe vengono presentate e sono disegnate in maniera diversa. Si parlava di tre frazioni sui Pirenei ma gli arrivi in salita erano due. Contador non ha perso due minuti perché il suo stato di forma non è ottimale. Lo hanno staccato di 15 secondi perché non ha una grande condizione, ma per il resto il divario è stato provocato da una caduta.
Lo spagnolo può ancora vincere?
Una cosa che ho visto nella tappa di Plateau de Beille è che lui è migliorato, la sua pedalata è diversa. Lui non si è mosso, perché ha visto che con la condizione che ha attualmente non avrebbe fatto la differenza e l’assenza di abbuoni per il vincitore lo ha fatto desistere. Non aveva la gamba per staccarli, poteva stare lì agevolmente. Ora avrà l’Alpe d’Huez e la cronometro di sabato per recuperare. Non ha una grandissima forma ma già ha dimostrato al Giro di tre anni fa che può vincere anche senza essere al top.
I fratelli Schleck rischiano di fare i “valletti” come in occasione dell’ultima Liegi-Bastogne-Liegi?
Andy Schleck non ha grossa continuità quando scatta, a cronometro non è un drago e se non li stacca adesso non so dove possa guadagnare. Lui e il fratello Schleck proveranno sicuramente, ma non so fino a che punto riusciranno a guadagnare terreno. Hanno sicuramente la squadra più forte, ma in salita è lo scontro frontale a fare la differenza.
Qual è ad oggi il suo podio virtuale?
Vedo una grossa lotta tra Cadel Evans e Contador. Sul gradino più basso del podio uno dei fratelli lussemburghesi e il nostro Basso.
Evans ha sempre avuto una giornata di crisi negli appuntamenti di tre settimane…
E infatti questa rappresenta una grossa incognita. L’australiano è stato presente in tutti gli arrivi e potrebbe aver speso troppo già nella prima settimana. Stiamo parlando di una rendimento costante senza un giorno di crisi. Ecco, in queste condizioni saranno lui e lo spagnolo a giocarsi il gradino più alto del podio di Parigi.
E la maglia gialla attuale, Thomas Voeckler? In Francia c’è chi è pronto a scommettere che non lascerà facilmente le insegne del primato.
Voeckler mi ha stupito per la condizione che ha mostrato finora. Fossi stato al suo posto non avrei corso così, cercando di rintuzzare tutti gli attacchi. Doveva risparmiare il più pssobile, così ha rischiato di saltare ma ha dimostrato di andar forte. Da quello che si è visto in questi giorni, ha speso più degli altri. Nonostante ciò, dico che rischia di arrivare sul podio o almeno nei primi cinque. Sarebbe un miracolo, ma per quello che si è visto finora è così.
Basso e Cunego hanno riproposto una grande Italia sulle strade di Francia. Quante possibilità dà ai due?
Da Cunego mi aspettavo un po’ di più perché al Giro di Svizzera l’avevo visto andar bene. Basso è un regolarista, soffre gli scatti ma recupera sempre. Continua ad avere prestazioni di grande livello, ma qui non ci sono pendenze severe. Al Giro tra Gardeccia, Zoncolan, Grossglockner, c’erano salite ripide in cui potevi fare la differenza alzando il ritmo. Qui se vai a velocità alta è più facile stare a ruota. Dico che per Basso sarebbe un successo arrivare sul podio, ma temo che a cronometro possa pagare dazio ai migliori.
Si aspettava un Philippe Gilbert così in palla anche sulle grandi montagne? Secondo lei potrà davvero puntare alle prime posizioni in un grande giro, in futuro?
E’ andato forte anche in montagna, però un conto è correre per le tappe e trovarti lì senza pressioni, un altro è prepararsi per andare forte dall’inizio ed essere marcato ed essere marcato dagli altri big della generale. Io non credo molto in questi cambiamenti da corridore da Classiche a corridore da grandi giri. Credo che il belga farebbe meglio a continuare sulla strada che ha intrapreso, puntando sulle Classiche e magari a guadagnare la maglia verde al Tour o a vestire la gialla in avvio come ha fatto quest’anno.
Ieri ha ufficializzato il ritiro Alexander Vinokourov. Quanto perde il ciclismo e quanto il Tour si è “ridimensionato” senza il kazako?
Ogni volta che si ritira un grandissimo campione il ciclismo perde qualcosa, ma subito dopo ne arrivano altri. Si è ritirato Hinault a 33 anni, quindi si può sopravvivere a tutto. Vinokourov è un corridore di grinta che mancherà, però ha un’età nella quale è giusto fermarsi. Forse senza l’incidente di domenica scorsa avrebbe fatto le Olimpiadi, ma comunque la sua era l’ha già fatta. Oggi il ciclismo è più tattico e sicuramente il suo estro mancherà in gruppo.
Marco Ferri